Noi imprenditori abbiamo meritato questo?

Set 29 • L'opinione • 2509 Views • Commenti disabilitati su Noi imprenditori abbiamo meritato questo?

Presidente onorario UDC Ticino

Presidente onorario UDC Ticino

È questa la domanda che si pone Tito Tettamanti, angustiato se non angosciato. Cerca la risposta nei libri, che come si sa sono fonte collettiva di saggezza individuale. L’ultimo libro, di Deindre McCloskey, lo ha tranquillizzato: negli ultimi 200 anni il capitalismo ha cambiato il mondo. È un’evidenza patente, manifesta, irrefutabile, incontrovertibile e irritorcibile. Ma purtroppo, come sempre da sempre accade, di buone intenzioni, convincimenti e teorie palingenetiche è pavimentato l’inferno. I buoni propositi, le teorie e le ideologie si scontrano con la natura, la biologia degli umanoidi e lì, prima o poi, scadono, dileguano e corrompono, proprio nel senso di guastarsi sul piano spirituale e morale. Un’evidente corruzione e degenerazione che colpisce da parecchio  tempo  il dogma, da troppi scambiato per assioma, del libero mercato, moderno “vitello d’oro” da troppi ancora idolatrato. Una sorte che il “libero mercato”, l’unico, si pretende, che può autoregolarsi, condivide oramai con il socialismo, che da movimento per la difesa dei lavoratori si è  trasformato in movimento di difesa di interessi e privilegi particolari, neppur difficili da individuare.

Prima dell’avvento del capitalismo, diciamo nell’anno 1800, afferma Tettamanti, un norvegese viveva con 3 dollari al giorno, adesso, grazie al capitalismo, dispone di ben 137 dollari quotidiani.

Quindi un incredibile accrescimento del benessere. Certo, è innegabile l’aumento del benessere. Ma la domanda vera e attuale è questa: del benessere di chi? E in quale proporzione? La nozione di benessere è relativa quant’altre mai. Prendi 2 persone, una guadagna 100 franchi al giorno, l’altra 50. Diamo loro 75 franchi al giorno, stanno bene tutti e due, ma quello dei 50 è entusiasta e felice, quello dei 100 si sente derubato e versa in gran tristizia. È per questo semplice e banale motivo che una parte crescente, e fortemente crescente, della popolazione sta sviluppando una vera e propria idiosincrasia di fronte alle aberrazioni che il “preteso” libero mercato ha introdotto nella nostra società.

Tito Tettamanti parla, con l’acume che gli ho sempre riconosciuto, di capacità di assunzione del rischio, facoltà indispensabile e decisiva per il libero imprenditore. È cosa innegabile, e da ammirare. Ma è anche un fatto che la maggioranza dei cittadini vorrebbe evitare il rischio come il diavolo fa con l’acqua santa, accontentandosi di una vita dignitosa, proporzionatamente ai criteri vigenti di ricchezza e di povertà, arricchita da hobbies che potrebbero andare dalla caccia alla ricerca di funghi, dallo sport velico alla lettura di buoni libri o alla frequentazione di sale concerto. Non guarda, questa maggioranza della popolazione, con invidia e solo invidia, come qualche sciocco pretende, ai grandi, anche smisurati guadagni degli “assuntori di rischio”, anzi, li ammira; ma alla imprescindibile condizione che anche le eventuali perdite rimangano solo ed esclusivamente a loro carico. Invece non tollera più i grandi “assuntori di rischio” che i guadagni li incassano sfacciatamente, ma le perdite le fanno assumere a noi, comuni mortali contenti di arrivare alla fine del mese, magari trovando ancora il tempo per andare a cercar funghi o in barca a vela, o per leggere un buon libro, anche se non sarà, probabilmente, quello della Signora Deindre Mc Closkey. Il popolino, nel quale mi riconosco, purtroppo ha poca memoria. È docile docile e si lascia abbindolare più che volentieri. Ma non manca di qualche persona che ricorda ed io, nonostante l’età, sono una di quelle. Non ho dimenticato l’Oswald Grübel ch,e dopo aver affidato l’investment banking dell’UBS al signor Karsten Kargeter, ebbe a dire, dopo aver arrogantemente fatto notare che “il rischio è il nostro mestiere”: “È la persona adatta per far guadagnare alla banca 15 mrd all’anno”. Producendo cosa? 15 milioni di tonnellate di patate per sfamare i poveri di questo mondo? 15 milioni di barili di petrolio per permettere la nostra libera circolazione? No, se li avesse veramente guadagnati, sarebbe stato un puro e semplice furto ai danni di stati retti da politici corrotti, di nostre (del popolino, voglio dire) casse pensioni e, in parte minima, di qualche gonzo che ancora credeva alle lusinghe del libero mercato. Bastò un negretto a fargliene perdere 2,5 di mrd, Kargeter fu costretto alle dimissioni (ma aveva incassato un salario di 9,5 mio) e subito dopo dovette sgomberare il campo anche il “professionista del rischio” (rischio fatto pagare a noi e solo a noi poveri tapini) Oswald Grübel.

Economiesuisse, nella campagna contro l’iniziativa Minder, ha buttato 8 milioni di franchi al vento, con il risultato, positivo per me, di obbligare tutta la dirigenza politica e amministrativa alle dimissioni. Avessero chiesto a me, per un modesto onorario di 5’000 franchi avrei consigliato a quei signori di starsene zitti zitti, come nell’opera verdiana. Si ritroverebbero con 7’995’000 franchi in più. Adesso, volessero spendere anche un solo franco contro l’iniziativa 1 : 12, prenderanno una seconda, memorabile legnata.

Lo stesso discorso vale per le troppe organizzazioni umanitarie e no profit che imperversano nel mondo attuale. Sindacati con centinaia (si parla di più di 260 mio) in cassa, il maggior sindacato svizzero per non far nomi, una CRI a Ginevra, che lamenta la mancanza di oltre 130 mio per far fronte ai propri impegni umanitari, ma pagava già ai tempi l’ineffabile Cornelio che predica bene e razzola male con fior di centinaia di migliaia di franchi, e, dulcis in fundo, la meritevole e meritoria Rega, organizzazione a scopo umanitario e no profit, che paga oltre 500’000 il suo CEO, ed è una quisquilia, ma versa per il suo presidente del consiglio di amministrazione, attivo al 20% del suo tempo disponibile, la bazzecola di 90’000 franchi annui. Sarebbero, al 100% del tempo, 450’000 franchetti. Una vergogna.

Mi dispiace usare toni rudi, anche per la stima che ho di Tito Tettamanti, un imprenditore che ha affrontato con successo rischi da far tremare. Ma tutti noi, comuni e semplici mortali, ci stiamo rendendo conto che siamo oramai preda indifesa di un coacervo di squali, sciacalli, piattole, pidocchi, pulci e chi più ne ha più ne metta. Siamo dei semplici cagnolini, obbedienti e sottomessi: ma cave canem. Se ne rendano conto, così spero e auspico, anche i professionisti del rischio a nostre spese.

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