Piacere a tutti: un esercizio impossibile!
Porcherie
Quale Stato di questo mondo, la Svizzera si attiene (ed è probabilmente l’unica a farlo) servilmente al diritto internazionale – sia questo detto MOLTO cogente, UN PO’ cogente, UN PO’ MENO o PER NULLA cogente. Poiché questo diritto non è codificato nel suo assieme da nessuna parte in maniera vincolante, si tratta infine dell’osservanza di decisioni e sentenze di qualche gremio internazionale o tribunale che interpretano il diritto internazionale a loro discrezione: una volta così, un’altra cosà.
Questa nostra servile ubbidienza può talvolta causare dei problemi. Ciò succede quando i molteplici gremi internazionali pretendono dalla Svizzera cose diverse, rispettivamente il contrario del contrario. L’ubbidienza può di principio essere eticamente qualcosa di nobile (tuttavia politicamente ben lungi dall’essere sempre intelligente), ma A CHI si deve ubbidire, quando gli alti gremi internazionali non sono concordi? Cosa deve fare la Svizzera per piacere sempre a tutti?
Esempi di questo dilemma ce ne sono parecchi. A titolo d’esempio, ecco il più recente, inerente all’applicazione di una sanzione dell’ONU.
Il Comitato delle sanzioni dell’ONU ha posto un Iracheno sulla sua “lista nera”, a seguito di che la Svizzera – ligia nella sua servile ubbidienza internazionalistica – ha messo in atto la risoluzione dell’ONU congelando, e più tardi confiscando, i suoi beni. L’Iracheno ha inoltrato un ricorso presso il Tribunale federale, il quale lo ha respinto (perché solo l’ONU stessa può verificare se sia stato inserito con ragione nella “lista nera” oppure no). E così, l’Iracheno si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo.
Questo tribunale internazionale ha ora sentenziato che, con l’applicazione della sanzione dettatale dall’ONU contro il sospettato Iracheno, la Svizzera ha violato i diritti dell’uomo. L’argomento della Svizzera, secondo cui essa è tenuta ad applicare le risoluzioni dell’ONU e che la confisca dei beni dell’Iracheno deriva direttamente dall’inserimento di quest’ultimo nella “lista nera”, non conta.
Cosa bisogna fare, allora? Attenersi alla risoluzione dell’ONU o alla sentenza della CEDU? Ambedue le cose assieme non è possibile. Ma nemmeno una delle due (quale sarebbe la migliore?). E cosa fare, qualora anche la Commissione UE dicesse la sua? E la WTO? Oppure Amnesty International, oppure Greenpeace?
Sarebbe ora di chiedersi dove ci sta portando la servile ubbidienza alle decisioni derivanti dai molteplici impegni internazionali che abbiamo inutilmente preso. Perché ci sono appartenenze della Svizzera a gremi internazionali sulle quali il popolo non è mai stato chiamato ad esprimersi (per esempio l’adesione alla CEDU).
Piacere a tutti è impossibile, si dice. Tentare questo esercizio a livello internazionale è illusorio. Forse i nostri politici e i nostri tribunali farebbero meglio a dare ragione ai propri cittadini, attuando le chiare decisioni popolari. Non raccoglierebbero probabilmente gli elogi delle organizzazioni internazionali, ma verosimilmente otterrebbero una più vasta legittimazione nel paese e quindi un maggiore rispetto all’estero.
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