NO al dannoso salario minimo!
Composto da rappresentanti dei partiti PBD, PPD, PEV, PLR, Verdi liberali e UDC, il comitato interpartitico “NO al salario minimo unico” considera l’iniziativa dei sindacati come un attacco frontale contro il nostro mercato del lavoro organizzato sulla base del partenariato sociale. Questo progetto è proprio il più nocivo per le persone che gli iniziativisti pretendono di proteggere. Un sistema di salario minimo esclude dal mercato del lavoro gli elementi più deboli, distrugge posti di lavoro – in particolare gli impieghi a tempo parziale – e ostacola l’entrata dei giovani nel mondo professionale. È un errore fondamentale sottoporre tutte le regioni, settori e qualifiche alla stessa norma. Bisogna impedire che il modello di successo svizzero sia minato da questa iniziativa dannosa.
Questa iniziativa è un classico autogoal per tutte le persone che oggi percepiscono un salario basso. Le esperienze fatte all’estero dimostrano in modo evidente che un regime di salari minimi svantaggia proprio le persone che entrano nella vita professionale, quelle che riprendono un’attività professionale dopo un’assenza e i lavoratori meno qualificati. Questo sistema esclude pure gli elementi più deboli dal mercato del lavoro. I lavori che, ancora oggi, sono svolti da persone, verrebbero automatizzati o delocalizzati all’estero. L’attuale tendenza nel commercio al dettaglio con le casse automatiche dimostra che questo processo di razionalizzazione è già in corso e si accelererebbe ancora di più in caso d’accettazione dell’iniziativa. I giovani sarebbero le prime vittime di un salario minimo imposto dallo Stato. Essi dovrebbero imporsi di fronte a lavoratori più anziani e con più esperienza. Un datore di lavoro che deve pagare lo stesso salario a tutti, preferirà evidentemente la manodopera più produttiva. L’entrata nella vita professionale dei giovani sarebbe fortemente ostacolata in certi settori. Oppure, i giovani sarebbero costretti, come già succede in Francia e in Italia, a moltiplicare gli stage invece di ottenere un impiego duraturo.
NO a un salario minimo imposto in tutta la Svizzera
Il costo dell’alloggio, del vitto e delle prestazioni di servizi è nettamente più basso nelle regioni rurali che non nelle grandi città. A Ginevra, per esempio, un alloggio familiare costa circa due volte e mezza più che nel Giura. Un salario minimo imposto in tutta la Svizzera non tiene in alcun caso conto delle differenze di costo della vita. E nemmeno fa distinzione fra i settori professionali e fra le qualifiche. Ciò è fonte d’ingiustizia.
Se lo Stato è costretto a imporre un salario minimo in tutte le sue regioni, i lavoratori delle regioni periferiche e di settori come la gastronomia, l’agricoltura, l’industria tessile o il commercio al dettaglio, sarebbero i primi a soffrirne. Altra conseguenza di questo egualitarismo statale: la soppressione di impieghi a basso reddito e pressione sui salari per riportarli al livello minimo obbligatorio. Le classi medie sarebbero quindi direttamente colpite.
NO a un salario minimo imposto dallo Stato
Un salario minimo imposto fa saltare lo sperimentato partenariato sociale nelle regioni e nei settori professionali. C’è il grande rischio che delle regolamentazioni vantaggiose previste nei contratti collettivi di lavoro (vacanze supplementari, condizioni speciali per i pensionamenti anticipati o la formazione continua) siano sacrificate sull’altare del salario minimo. Ciò sarebbe irresponsabile. Grazie al suo partenariato sociale e al suo liberale mercato del lavoro, la Svizzera è uno dei paesi più prosperi al mondo, con un tasso di disoccupazione estremamente basso. Il salario mini9mo previsto da questa iniziativa sarebbe senza dubbio il più elevato del mondo. Attualmente, il salario minimo più elevato d’Europa è applicato in Lussemburgo con circa 12 franchi l’ora. In Germania è in corso un dibattito inerente a un salario minimo di franchi 10.50. I sindacati svizzeri esigono 22 franchi. Un salario minimo imposto in tutta la Svizzera e due volte più elevato che in Germania è un’assurdità. Esso rincarerebbe considerevolmente i prodotti svizzeri – in particolare nell’agricoltura – e nuocerebbe alla competitività delle imprese. Inoltre, la prospettiva di percepire il salario minimo più elevato d’Europa, attirerebbe ancora più lavoratori stranieri – i quali estrometterebbero gli Svizzeri meno produttivi e meno qualificati dai loro posti di lavoro.
Ecco perché il comitato interpartitico “NO al salario minimo unico” rifiuta con determinazione l’iniziativa popolare dei sindacati che sarà posta in votazione il 18 maggio 2014.
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