L’oasi felice UE

Feb 18 • L'opinione, Prima Pagina • 260 Views • Commenti disabilitati su L’oasi felice UE

Dr. Francesco Mendolia

Il giorno 07/02/2022 ho terminato di raccogliere queste notizie. Il giorno 07/02/1992  fu firmato l’accordo di Maastricht per l’unione europea

Ucraina

Omissis. I 27 paesi europei hanno interessi molto diversi, e spesso contrapposti. Soprattutto in un momento come questo, tra crisi dei commerci mondiali, conseguenze economiche della pandemia e aumento dei prezzi dell’energia. Paesi come la Germania o l’Italia, per esempio, non hanno alcun interesse a iniziare una guerra con la Russia, data la loro forte dipendenza dal gas russo per i propri approvvigionamenti energetici. Per questo mantengono posizioni molto più caute di paesi come la Spagna, il Belgio e i Paesi Bassi, che hanno invece inviato armi all’Ucraina per fronteggiare meglio un’eventuale invasione russa. Anche la Francia, concentrata sulle proprie elezioni presidenziali, sembra più interessata ad attenuare le tensioni senza doversi impegnare in una guerra. La divergenza di interessi è anche fonte di divisioni: la settimana scorsa, la Germania è arrivata a vietare all’Estonia di spedire in Ucraina le armi di produzione tedesca in suo possesso. Omissis. Di fatto, come scrive il centro studi European Council on Foreign Relations, l’Unione Europea non è minimamente in grado di esprimere una politica estera comune. Omissis. Lunedì, la Commissione Europea ha approvato un pacchetto di aiuti all’Ucraina da un miliardo di euro. La proposta dovrà essere approvata da tutti i paesi membri del Parlamento Europeo, e non è detto che succeda in tempo per un’eventuale invasione russa dell’Ucraina.

(Il Post Konrad gennaio2022)

Portogallo

Il Partito Socialista, guidato dall’attuale premier, Antonio Costa, ha vinto le elezioni legislative in Portogallo con un ampio vantaggio, oltre il 43% dei voti. I risultati si riferiscono a uno spoglio che ha già superato il 40% delle schede. Il PS è il netto vincitore e potrebbe avvicinarsi alla maggioranza assoluta. Il leader dell’opposizione, Rui Rio, del Partito socialdemocratico (centrodestra) si colloca invece a poco sopra il 32% dei voti. I risultati sono una sorpresa, perchè i sondaggi diffusi negli ultimi giorni di campagna davano i due partiti sostanzialmente appaiati. L’estrema destra Chega, che aveva un solo deputato in Parlamento, si avvia invece a diventare la terza forza con oltre il 7% dei voti, mentre affondano gli ex alleati della sinistra che avevano formato con i socialisti la cosiddetta «geringonca»: il Bloco de Esquerda, terza forza nel 2019 con quasi il 7%, è ora al quinto posto, con poco meno del 3%, e la coalizione di comunisti e verdi passa dal 4,6% delle ultime elezioni legislative a poco più del 3%. Affluenza in crescita. Nonostante l’aumento dei contagi, che può aver contribuito all’astensione, ha votato oltre il 45% degli aventi diritto, il 9% in più rispetto a due anni fa. «Gli elettori si sono resi conto che non si trattava di elezioni come le altre», ha commentato Costa. Al potere dal 2015, riconfermato dalle elezioni del 2019, il leader socialista ha guidato due governi di minoranza con l’appoggio di due piccole alleanze della sinistra radicale, Be e Cdu, che riuniscono formazioni comuniste ed ecologiste. Ma Be e Cdu si sono unite all’opposizione nel bocciare la legge di bilancio per il 2022, provocando la convocazione di elezioni anticipate da parte del presidente Marcelo Rebelo de Sousa.

(Il Giornale.it gennaio2022 Antonio Costa)

Legge per uniformare la tecnologia di ricarica di smartphone e altri apparecchi elettronici in commercio nei paesi dell’Unione Europea

Mercoledì il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato la propria posizione ufficiale sulla proposta di legge per uniformare la tecnologia di ricarica di smartphone e altri apparecchi elettronici in commercio nei paesi dell’Unione Europea. La legge imporrà ai produttori di dispositivi elettronici di prevedere un unico formato per tutti i caricabatterie e permetterà ai consumatori di non cambiare caricabatterie ogni volta che comprano un nuovo dispositivo (magari di Apple). L’obiettivo è ridurre i rifiuti elettronici e diminuire i disagi causati ai consumatori dall’esistenza di caricabatterie diversi e incompatibili per i vari dispositivi in commercio. La proposta era stata presentata a fine settembre dalla Commissione Europea, e ora dovrà essere adottata anche dal Parlamento Europeo. Non dovrebbero esserci molte difficoltà: già in passato il Parlamento Europeo si era espresso a favore della standardizzazione dei formati dei caricabatterie. Se la legge sarà approvata, le aziende avranno 24 mesi di tempo dalla data di adozione per adeguarsi alle nuove prescrizioni.

(Il Post Konrad gennaio2022)

Il Mattarella bis è il sigillo alla catastrofe di Lega e M5s. Così tramontano i due vincitori del 2018

Nell’aprile del 2013, la crisi della Seconda Repubblica divenne agonia irreversibile con i partiti in ginocchio da Giorgio Napolitano per chiedergli un secondo mandato al Quirinale. Eletto dal centrosinistra nel 2006 (come poi Mattarella nel 2015), Re Giorgio prese 738 voti alla sesta votazione su 997 votanti. La Lega scrisse il suo nome sulle schede, mentre il M5S continuò a votare Stefano Rodotà. La fine del ventennio breve fu quella arrivata dopo l’epilogo del berlusconismo di governo, la nascita del governo di Mario Monti, la non vittoria del Pd di Bersani (e le candidature bruciate nell’urna di Marini e Prodi) e il primo boom pentastellato. Due anni dopo, con l’elezione di Sergio Mattarella al Colle, furono quattro le forze che non si allinearono a quella scelta: Lega, FdI, Cinque Stelle e Forza Italia (in parte). Fin qui la storia recente. Oggi, a distanza di sette anni da quel 2015 e di quattro dalle elezioni politiche, a tramontare è la stagione dei due populismi premiati nel 2018: il M5S prima di Di Maio e poi di Conte (ma anche di Di Maio ancora) e la Lega di Matteo Salvini. La rielezione di Sergio Mattarella è infatti il mantenimento dello status quo drammatico dopo la fine del Conte II e anche la vittoria autoconservativa di un Parlamento che se n’è infischiato delle indicazioni dei leader. Insomma, due dei partiti che non votarono Mattarella sette anni fa adesso lo hanno fatto. L’estremo sigillo alla loro catastrofe consumatasi in questa settimana. Il peggiore, ovviamente, è stato Matteo Salvini, capo che serve a riempire le piazze ma che non ha il minimo senso tattico e strategico. Non a caso il flop della Casellati è stato indicato come il suo Papeete bis. Salvini, ritrovatosi a suo tempo leader quasi per caso del Carroccio (Maroni lo designò in un divide et impera con i veneti Zaia e Tosi), ha manifestato una totale incapacità a fare le trattative, specializzato perlopiù in annunci disattesi e in continue perdite di tempo (basta ricordare l’estenuante trattativa di mesi per il governo gialloverde). Alla fine, insieme con Conte (e Meloni), ha tentato invano di trascinare gli altri leader su Elisabetta Belloni, una candidatura oggettivamente debole se non altro perché nessuno ne conosce il suo profilo politico. Poi Giuseppe Conte, appunto. A differenza di Salvini, ha avuto una minore agibilità politica. Per due fattori: il primo è stato il potere di interdizione di Di Maio che, benché vanti due fallimenti (la mancata nomina a premier nel 2018 con il doppio dei voti della Lega e le dimissioni da capo politico) ha creato una sua corrente pseudo-andreottiana nel M5S dedita alla gestione del potere e alla realpolitik. Il secondo è stato il peso di una pattuglia autonoma di parlamentari che sin dalla prima votazione ha iniziato a votare Mattarella sperando nel bis. E così, il dilettantismo di Salvini unito alla leadership dimezzata di Conte ha provocato la fine della breve Terza Repubblica. Le elezioni del cambiamento del 2018 culminano con la rielezione di Mattarella e la conferma di Draghi a Palazzo Chigi. M5S e Lega sono anche i partiti che escono più spappolati. Enrico Letta vince parzialmente con la sua inerzia e senza mai muoversi e a destra prenderà forma un centro formato da azzurri, totiani, casiniani, Calenda e Renzi. Volendo applicare il concetto vichiano dei corsi e ricorsi storici, adesso alle prossime elezioni politiche del 2023 dovrebbe essere Giorgia Meloni a fare il pieno, così come la doppietta Napolitano bis-Mattarella portò al boom gialloverde. Vedremo. È probabile, invece, che aumenti l’astensionismo. In ogni caso da domani comincia una lunga campagna elettorale. E nulla sarà come prima.

( il Fatto quotidiano  Gennaio 2022 Fabrizio d’Esposito)

 

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