La democrazia diretta sta traballando
Negli ultimi anni in Svizzera sono state lanciate molte più iniziative rispetto al passato. E in confronto al passato, molte più iniziative sono anche riuscite. È inutile lamentarsi che oggi lo strumento democratico dell’iniziativa venga sempre più utilizzato dai partiti sempre per scopi di tattica elettorale o per profilarsi. Perché se un’iniziativa riesce poi anche in votazione, questo è un chiaro indizio che un tema o un problema è estremamente sentito dal popolo. E queste espressioni democratiche del sovrano devono in ogni caso essere prese molto sul serio.
Fra le iniziative riuscite ce ne sono state e ce ne sono tuttora alcune la cui applicazione non è priva di problemi (per esempio l’iniziativa delle Alpi o quella sulle abitazioni secondarie). Oltre a quelle in aumento che – dal punto di vista delle mutanti maggioranze in parlamento, del governo e, soprattutto, dei tribunali – non sono realizzabili. Perché, secondo loro, contravvengono a qualche principio costituzionale esistente, al diritto internazionale (cogente o no) o sarebbero in contrasto con qualche obbligo cui la Svizzera s’è impegnata nell’ambito dei suoi accordi internazionali. Non mancano davvero gli esempi: iniziativa contro l’immigrazione di massa, iniziativa-espulsioni, iniziativa per l’internamento a vita, iniziativa sulla prescrizione dei reati, eccetera.
L’applicazione di queste iniziative, riconosciamolo pure, non è sempre semplice. Tuttavia, a volte non si ha davvero l’impressione che le maggioranze di parlamento e governo, nonché i tribunali, siano particolarmente inclini a impegnarsi affinché la chiara volontà del popolo sia realmente attuata. Qui traspare la loro infernale paura che gli arbitri stranieri (CEDU, CSUE, Commissione UE, ONU, ecc.) fischino loro il fuori gioco. E si ha pure l’impressione che considerino i verdetti popolari loro sgraditi, semplicemente quali passi falsi di un popolo accecato dalla propaganda populista della destra.
Finora solo alcuni (purtroppo talvolta anche autorevoli) esponenti della politica, dell’amministrazione e della giustizia hanno osato esprimere apertamente la loro malevola critica contro la volontà popolare manifestata nelle urne, attaccando così la democrazia diretta. Ma attenzione, la tendenza è al rialzo! E tale atteggiamento potrebbe esercitare un effetto doppiamente catastrofico sullo sperimentato sistema svizzero di democrazia diretta.
Innanzitutto, potrebbe far sì che il popolo lentamente si rassegni, perdendo interesse nell’esercizio dei diritti democratici. Perché è frustrante per i cittadini raccogliere le firme e andare a votare, per poi dover constatare che la volontà popolare espressa viene ogni volta calpestata. Oggi, il rifiuto dell’autorità di applicarla suscita un sano caparbio atteggiamento di reazione “adesso vi facciamo vedere noi!” (vedi la riuscita dell’iniziativa d’attuazione dell’iniziativa-espulsioni), tuttavia, la voglia dei cittadini di combattere per i propri diritti potrebbe con il tempo consumarsi fino ad afflosciarsi completamente. E ciò è preoccupante!
In secondo luogo – e ciò è a mio avviso ancor molto più allarmante – non si può evitare l’impressione che, a volte, questo processo d’erosione della democrazia diretta mediante il rifiuto di mettere in atto le iniziative popolari non sia dovuto a un caso, bensì piuttosto a un calcolo machiavellico. Perché tutti coloro che, per esempio, sognano un’adesione all’UE e al totale assoggettamento della Svizzera ai diktat di giudici stranieri, vedrebbero ben volentieri aboliti i diritti popolari democratici che contrastano i loro progetti.
Per queste ragioni dobbiamo fare moltissima attenzione. Dobbiamo – con tutti i mezzi legali e legittimi a nostra disposizione – far sì che la volontà espressa democraticamente dal popolo sia concretizzata e attuata. Se non dovessimo riuscirci, arrischiamo che la democrazia diretta della Svizzera venga presto o tardi segregata nei libri di storia.
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