E se il Ticino si ribellasse?
Io non sono uno di quelli che ritengono di essere disprezzati dagli Svizzeri tedeschi, in quanto Ticinesi, quale minoranza di pazzi, o quantomeno di personaggi bizzarri dal comportamento incomprensibile, quantunque a volte invidiato perché impregnato di una trasgressività che loro non avranno mai il coraggio di adottare. Nei miei frequenti rapporti con i nostri compatrioti confederati, ho notato curiosità, magari un’incomprensione che spesso li fa optare per una rinuncia (da parte nostra benvenuta) a capire e comunque a mettere il becco nelle nostre faccende, ma disprezzo mai. Certo sono la maggioranza, e certe decisioni vanno per forza di cose a loro vantaggio tuttavia, ogni volta che mi sono preso la briga di spiegare il perché di una particolare necessità, ho sempre trovato degli interlocutori attenti e ben disposti nei nostri confronti.
Quello che invece si nota sempre di più in questi ultimi tempi, è il comportamento negativo nei confronti del Ticino da parte della Berna federale (che non è composta soltanto da Svizzeri tedeschi). Questo è però dovuto non tanto a un particolare disprezzo per la nostra minoranza linguistica, quanto a un egoismo regionale che in periodi di vacche magre si fa più marcato, aiutato da una politica irresponsabile volta a mettere in ristrettezze la popolazione indigena per scialacquare denaro in azioni internazionali che servono soltanto al lustro e al prestigio personale di pochi politici oppure per sostenere delle politiche settoriali del tutto arbitrariamente considerate essere un dogma intangibile. Per fare un esempio pratico, i miliardi spesi per un aiuto allo sviluppo dei paesi poveri, senza che si riesca a frenare da questi stessi paesi un flusso migratorio che sta mettendo in crisi la sia la politica degli stranieri, sia quella dell’asilo. O i milioni spesi annualmente per l’accordo di Schengen (secondo le affermazioni in campagna di voto sarebbero dovuti essere 7 o 8, in realtà si aggirano attorno ai 100 milioni), che ha ridotto il nostro paese a una vera e propria terra di conquista per tutti i criminali d’Europa. Nel settore della strada, nonostante che questa crei un introito annuale di 9,5 miliardi di franchi, governo e parlamento hanno da tempo deciso che alla strada ritorni, sotto forma di investimenti e di manutenzione, al massimo il 30% di questa somma. Risultato: invece di disporre – come sarebbe giusto, visto che quelle stradali sono tasse teoricamente vincolate nel loro utilizzo all’investimento nella rete di strade nazionali – di una rete autostradale completa e performante per la quale detto introito sarebbe più che sufficiente, si destina diversamente il 70% di ciò che si preleva al traffico motorizzato (perlopiù ferrovia e cassa federale generica), riducendo l’investimento in progetti stradali a qualche miliardo di franchi. È perciò chiaro che – di fronte a disponibilità così limitate – ognuno cerca di tirare la coperta dalla sua parte. E il Ticino non è numericamente abbastanza forte per poter dare alla coperta uno strappo decisivo.
Abbiamo così dovuto subire negli ultimi tempi degli schiaffi che hanno di nuovo acutizzato il nostro complesso d’inferiorità nei confronti della Svizzera interna. “Contiamo come l’ultima ruota del carro”, “a Berna se ne fregano del Ticino” e altre frasi del genere sono ormai tornate sulla bocca di tutti. E come dar loro torto, quando si pensa – solo per restare nel settore dei progetti stradali – che, dopo aver dato assicurazioni a destra e a manca, dopo aver basato la campagna di voto contro l’iniziativa leghista della galleria del Malcantone sul fatto che un ulteriore rinvio ci avrebbe fatto perdere i sussidi federali, il DATEC ci dice “Niente sussidi per la circonvallazione Agno-Bioggio”? O che pochi giorni fa la consigliera federale Leuthard afferma in tutta tranquillità: “Il raccordo Locarnese A2/A13? Non è per domani!”. Come dire: prima ci sono gli altri poi…se avanzerà qualcosa, verrà anche il Ticino. E per proseguire con questa scellerata filosofia, pretendono pure l’aumento del 150% del prezzo della vignetta autostradale.
In questo scenario che sembra senza speranza, può il Ticino fare qualcosa per migliorare la situazione? A mio avviso sì, ma a due condizioni imprescindibili:
1. La nostra classe politica deve smetterla di accettare come un dogma intoccabile tutto ciò che viene imposto da una Berna federale perlopiù avulsa dalla nostra realtà regionale;
2. Dobbiamo avere il coraggio di adottare delle ritorsioni concrete, il che significa toccare Berna sui soldi, come abbiamo saputo fare nel 2011 con l’Italia in un rigurgito di coraggio che, purtroppo, sembra essere stato unico e irripetibile, con il blocco del ristorno delle imposte alla fonte dei frontalieri.
Dobbiamo avere il coraggio di lanciare un’azione – decisamente illegale, ma più che giustificata vista la situazione – che ci permetta di far capire a Berna che, tutto sommato, noi perderemo magari anche, è un rischio che siamo disposti a prendere, ma che anche la Confederazione non ha nulla da guadagnare da un atteggiamento intransigente nel non considerare le nostre legittime rivendicazioni.
Un atteggiamento di ribellione che però non deve rimanere la voce nel deserto del Michele Barra di turno, deve essere – per una volta – la posizione collegiale di tutto il Consiglio di Stato, supportata a sua volta dal Gran Consiglio. Il consenso della popolazione ticinese lo dò per scontato.
« Was, wenn sich das Tessin auflehnen würde ? Aggregazioni comunali: trucco o magia?” »