Spazio musicale
Aspetti diversi della personalità di Chopin
Il concerto tenuto dal pianista Antonio Di Cristofano il 24 aprile nell’ambito della stagione di Musica nel Mendrisiotto è stato particolarmente interessante in quanto ha messo a fuoco due aspetti contrastanti della personalità di Chopin: la Polacca fantasia op. 61, del 1846, e lo Scherzo op. 31 n. 2, del 1837; hanno completato il programma i numeri 1, 2 e 3 da Sechs Klavierstücke op. 118 di Brahms e l’Elegia op.3 n. 1 di Rachmaninov.
La Polacca fantasia op. 61 di Chopin, quando apparve, sconvolse gli ascoltatori, che non vi trovarono le strutture formali alle quali erano abituati. Molti furono i giudizi negativi. Ma di fronte a un’opera d’arte (sia essa musicale o letteraria o d’altro genere) che percorre vie insolite ci si deve porre la domanda se l’autore abbia rotto gli schemi solo per il gusto di sorprendere oppure lo abbia fatto per soddisfare sue esigenze interiori, dando vita a un mondo di sentimenti particolari e creando elementi stilistici praticati solo saltuariamente o non praticati del tutto in passato. Nel secondo caso segue inevitabilmente un’altra domanda: con tali contenuti inconsueti e risorse nuove ha raggiunto risultati artistici validi? Cerco di dare risposte per quanto concerne la Polacca fantasia in questione. Innanzitutto, osservo che il discorso dev’essere sfumato. La composizione prende avvio opponendo delicati e aerei disegni a frammenti forti e rudi, in un contrasto assai marcato e suggestivo. Poi la musica si addentra in passaggi complessi, ritmicamente e melodicamente inafferrabili, esprimendo disagio e inquietezza. Gli spunti melodici tipicamente chopiniani, che non si espandono con l’abituale ariosità ed eleganza, sembrano smarriti in un ambiente ostile. La parte finale vorrebbe forse essere decisa, energica e perentoria ma non lo è: l’ispirazione accusa una certa fatica. E allora? Direi che ci troviamo in presenza di un lavoro avente un certo vigore ma talvolta angoloso e perfino scontroso, viziato da frammentarietà e non sostenuto costantemente da una forza creativa degna di un grande compositore.
Mentre la Polacca fantasia di cui si è detto è relativamente poco conosciuta, lo Scherzo op. 31 n. 2 appartiene al novero delle composizioni più popolari. L’inizio fa onore al genere di appartenenza, ossia allo scherzo. Prima appaiono due incisi ascendenti «sotto voce», poco significativi, poi a sorpresa erompe in «fortissimo» un motivo imperioso, quello che più di ogni altro ha assicurato alla composizione i favori del pubblico. Seguono alcuni scambi tra questi due elementi, poi si espande una serie di saliscendi che sfociano in una melodia affabile e di stampo nettamente chopiniano, da eseguire «con anima», su un accompagnamento arpeggiato. Tornano i due elementi dell’esordio e il «con anima». Nuova musica appare invece nel «sostenuto», dove l’atmosfera cambia e il discorso si fa meditativo, senza escludere però vertiginose scorribande su e giù. La conclusione, come c’era da aspettarsi, riporta gli incisi e il motivo iniziale. Certamente questo scherzo concede parecchio al gusto, non sempre eccelso, del pubblico, ma tanto le affermazioni di volontà ed energia quanto i momenti di apertura lirica permettono di collocarlo tra le opere più riuscite del compositore.
Quanto ai tre Klavierstücke di Brahms giova rilevare che spesso nei lavori del musicista tedesco un motivo di notevole bellezza esposto all’inizio viene poi sommerso e quasi intralciato da una scrittura assai complessa. Avviene così anche nel primo dei tre pezzi per pianoforte di cui sto parlando: la melodia che lo apre è bella, agile e, si direbbe, affabile come un sorriso, ma poco dopo viene avvolta in un discorso musicale molto ramificato e tale da toglierle in parte il suo delizioso fascino. Parole leggermente diverse merita invece il numero 2, dove il carattere gentile del suo stupendo motivo fondamentale viene mantenuto nel corso del pezzo. La ballata che segue come numero 3, in «largo energico», sfodera un piglio assai deciso, tuttavia al centro si apre a un’espressione tranquilla.
Antonio Di Cristofano ha prodotto esecuzioni controllate, severe e vigorose ma con qualche durezza e pesantezza. L’acustica della sala, molto piccola, ha accentuato questa particolarità. Il pianista si è adoperato più per mettere in risalto le muscolose strutture dei brani, favorito in ciò da una tecnica assai solida, che a ricavarne momenti di delicata poesia. Si è trovato particolarmente a suo agio nello scherzo chopiniano, che ha beneficiato di una lettura superlativa. Suonate davvero sotto voce, come prescritto, le figurazioni iniziali. Molto violento il si bemolle grave in «fortissimo», giustamente violento, poiché da esso rimbalzano come da una molla cinque accordi di sette o otto note, a loro volta ammirevolmente scanditi in modo netto e compatto. Espressiva, però sempre «sorvegliata», se posso usare questo termine, affinché non conceda troppo al sentimento, la melodia del «con anima». Meditativo e austero il «sostenuto». Avvincenti i vorticosi saliscendi della mano destra. Un pianista, per concludere, dalla personalità marcata, con una linea interpretativa propria ben definita, anche se a tratti discutibile, e, come già detto, tecnicamente ampiamente dotato. È stato intensamente applaudito.
Opera tango a San Gallo
Il fatto che il «Theater St. Gallen» non possa disporre attualmente della sede abituale (chiusa per lavori) e debba ricorrere a una sistemazione provvisoria (però molto completa e decorosa, a pochi passi di distanza) non frena il suo desiderio di offrire spettacoli speciali. Nella stagione corrente è in cartellone «Maria de Buenos Aires» di Astor Piazzolla, su libretto dell’uruguaiano Horacio Ferrer, data in prima assoluta l’8 maggio 1968 nella Sala Planeta della capitale argentina. Narra di una prostituta che viene malmenata e uccisa ma poi rinasce nella sua ombra. Il libretto è surreale, stracolmo di violenza, tradimenti, simboli, allusioni, frasi indecifrabili e allegorie. Il grottesco investe anche alcuni riferimenti religiosi, ad esempio dicendo che Maria è «nata un giorno che Dio era ubriaco» e parlando di una «eucaristia insudiciata». Impossibile trovare un filo negli avvenimenti che si susseguono e attribuire loro una caratteristica precisa, se non quella di una visione estremamente negativa dell’umanità, o almeno dell’ambiente di certi quartieri cittadini, che si manifesta in un guazzabuglio di fatti strani e foschi.
Detto questo del libretto, resta da parlare della musica. Il Piazzolla attinge ampiamente al tango e ottiene una notevole varietà di ritmi, timbri e melodie da una piccola orchestra comprendente tra l’altro un bandoneon, una chitarra e un pianoforte. Per le voci utilizza la recitazione con accompagnamento strumentale (ossia il melologo), il recitativo e l’arioso; in questo, talvolta l’espansione melodica è tale da avvicinarlo all’aria. Il melologo occupa una parte assai cospicua dell’opera e in qualche caso si perde in lungaggini ma l’orchestra, sempre attiva e pertinente nell’accompagnamento, assolve bene il compito di assicurare continuità musicale e mantenere vivo l’interesse dell’ascoltatore.
L’allestimento che ho visto l’11 maggio si è scostato sensibilmente da altre versioni dell’opera, riducendo gli aspetti di estrema dissolutezza ma accentuando, in un clima di grande severità, quelli tragici e sconvolgenti. Alla monotonia che ne è risultata ha posto parziale rimedio la direzione musicale di Natalia Salinas con membri dell’orchestra e del coro del teatro sangallese, più Marcelo Nisinman al bandoneon, Juan Sebastian Lima alla chitarra e Mischa Cheung al pianoforte. Grazie a loro, la lettura dello spartito è sempre stata tesa, incisiva e colorita. Cantanti e attori (Maria era Ieva Prudnikovaite) hanno svolto il loro lavoro in modo molto ammirevole.
Carlo Rezzonico
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Arriva il Festival Presenza con OSI & Sol Gabetta al LAC!
Manca una settimana al Festival Presenza al LAC, protagonista la grande violoncellista Sol Gabetta con l’Orchestra della Svizzera italiana e il suo direttore principale Markus Poschner. Dopo una prima anticipazione a maggio 2021, dal 3 al 5 giugno sono in cartellone due concerti sinfonici e altri appuntamenti di carattere cameristico.
C’è grande attesa per l’arrivo del Festival Presenza OSI & Sol Gabetta al LAC, ora più che mai presente dal vivo, dopo una prima anticipazione online nel 2021. Cuore del festival saranno due spettacolari concerti sinfonici, venerdì 3 giugno alle ore 19.30 (Concerto di gala AOSI – Amici dell’OSI) e domenica 5 giugno alle ore 11.00, protagonista la grande violoncellista Sol Gabetta con l’Orchestra della Svizzera italiana sotto la direzione di Markus Poschner, in pagine di Lalo, Bizet, Čajkovskij e Saint-Saëns.
La star del violoncello svizzero-argentina, nella duplice veste di solista e direttrice artistica, da giugno 2022 sarà «di casa» al LAC di Lugano nel periodo di Pentecoste, per almeno tre anni, per questo importante progetto che coinvolge l’OSI e il suo direttore principale Markus Poschner. Curatore del Festival è Balthazar Soulier.
Il Festival Presenza, realizzato in coproduzione col LAC, intende proporre al pubblico nuovi modi di fruire i concerti, ispirandosi alla cornice originaria in cui i brani in programma sono stati composti e tenendo nella massima considerazione anche la componente scenica e teatrale, per un approccio inedito che non mancherà di coinvolgere (e sorprendere) il pubblico in sala. Si intende in particolare mettere in discussione quella ritualità ormai consolidata nei programmi (ouverture – concerto solistico – sinfonia) e nei comportamenti del pubblico (silenzi, applausi solo in determinati momenti): ritualità che di per sé non è sbagliata, ma certo non è l’unico modo per assistere a un concerto. Il progetto Presenza è dunque, più che un festival, una carte blanche aperta alle sperimentazioni, come ama dire Sol Gabetta.
I programmi mettono sotto i riflettori non solo il suo strumento, il violoncello, ma soprattutto quel fervido periodo storico che vide nel 1871 la fondazione della Société Nationale de Musique, gloriosa risposta della Francia sconfitta nella guerra franco-prussiana. Del suo fondatore, Camille Saint-Saëns, potremo ascoltare entrambi i concerti per violoncello -commemorando così anche il centenario della sua morte – accostati a quello non meno idiomatico di Eduard Lalo. Accanto a loro non poteva mancare Georges Bizet, sodale compagno nel rinnovamento della musica francese, scomparso troppo presto fra la costernazione degli ammirati colleghi Lalo e Saint-Saëns.
Bizet, Lalo e Saint-Saëns furono a loro volta compositori molto ammirati da Piotr Il’ič Čajkovskij, che non mancava di studiare le novità venute dalla Francia o di ascoltarle in prima persona nei suoi passaggi a Parigi. Alternate ai concerti di Saint-Saëns, ecco dunque l’esecuzione di due ouvertures-fantasia di Čajkovskij da Shakespeare (Romeo e Giulietta e La tempesta), con cui prosegue la rilettura del celebre compositore russo avviata da Poschner in questa stagione. Chiuderà il secondo programma la celeberrima sinfonia del Guglielmo Tell di Rossini, aperta da una meravigliosa sortita dei violoncelli «divisi».
Il Festival Presenza OSI & Sol Gabetta è organizzato in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura.
La prevendita dei biglietti è effettuata online su www.osi.swiss oppure attraverso i canali di vendita del LAC.
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