Non ci siamo, signor Cassis!

Feb 7 • L'editoriale, Prima Pagina • 1499 Views • Commenti disabilitati su Non ci siamo, signor Cassis!

Eros N. Mellini

Leggiamo su Teletext: «Cassis: “Rafforzare i legami con l’UE” – Fare in modo che il popolo condivida la linea adottata dal Governo in materia di politica estera, portare il contributo della Confederazione alla stabilità e alla pace nel mondo e, soprattutto, rafforzare i legami con l’Unione europea: sono i tre pilastri del Dipartimento federale degli affari esteri guidato dal ticinese Ignazio Cassis. (…) Cassis ha altresì ribadito che l’accordo-quadro istituzionale da siglare con Bruxelles è prioritario.»

E questo sarebbe l’effetto del famoso tasto “reset”? Delle due l’una: o il tasto non funziona oppure, come è più probabile, a elezione in Consiglio federale avvenuta – e quindi al motto popolare “Passata la festa, gabbato lo Santo” – il ministro non l’ha premuto.

Fare in modo che il popolo condivida la linea adottata dal Governo in materia di politica estera?

Se si trattasse di un tema su cui il popolo non si è mai espresso, potrei anche capire l’affermazione, salvo poi attendermi un cambio di rotta qualora il sovrano manifestasse un parere contrario. Ma qui si tratta di un tema su cui il popolo svizzero s’è espresso a più riprese – non (ancora) sull’accordo-quadro, ma sull’orientamento della politica estera in generale e di quella UE in particolare. Quindi, “fare in modo che il popolo condivida la linea adottata dal governo”, che è in chiaro contrasto con quella palesemente voluta dal popolo stesso è, per usare un eufemismo, un vero e proprio paradosso (in gergo politicamente scorretto, una colossale scemenza). E non privo di quell’arroganza del Consiglio federale cui, apparentemente, anche il neo-ministro ticinese non è rimasto immune.

Dopo i segnali inequivocabili che il sovrano ha dato negli ultimi 25 anni – NO allo Spazio economico europeo, NO all’adesione all’UE, iniziative in contrasto con il diritto UE quali quella per l’espulsione dei criminali stranieri o contro l’immigrazione di massa, eccetera – sarebbe invece ora che la politica federale, governo in primis, “condividesse” senza se e senza ma la linea adottata dal popolo. I politici svizzeri, in particolare i consiglieri federali, sembrano vieppiù dimenticare che, sebbene lautamente pagati, sono pur sempre dei dipendenti del sovrano, non i loro mentori.

Il popolo ha a più riprese chiaramente affermato che tiene i valori tradizionali svizzeri quali la libertà, l’indipendenza, l’autodeterminazione, la neutralità, eccetera, in ben più alto conto che non le buone ma attualmente servili) relazioni con l’UE. Quest’ultime sono certamente importanti, ma non giustificano la prostituzione istituzionalizzata messa in atto da Berna nei confronti di Bruxelles. Perciò, al diavolo …

… rafforzare i legami con l’Unione europea!

Semmai sarebbe il caso di allentarne qualcuno. Abbiamo l’accesso al mercato interno UE garantito dall’accordo di libero scambio del 1972 che, apparentemente, l’UE non si sogna di contestare. L’appartenenza di entrambi – Svizzera e UE – all’Organizzazione mondiale del commercio, ci mette al riparo da qualsiasi discriminazione, nonostante le pressioni e minacce di Bruxelles. Il mercato interno dell’UE – la cui importanza nessuno contesta – sta vieppiù perdendo dei colpi a favore dei mercati d’oltremare quali USA, Cina, America latina, eccetera. Al di là del futuro dei nostri rapporti con l’UE, questi mercati costituiscono comunque già, apparentemente, un “Piano B” della Svizzera, e sintomatico al riguardo è il fatto che il nostro paese è stato il primo a stipulare un accordo di libero scambio con la Cina (fortunatamente senza libera circolazione delle persone). Perciò, nella politica con l’UE, il nostro modesto parere è che – dopo troppa inutile e ipocrita diplomazia – sia giunto il momento di qualche seppur misurato “vaffanc…”. Altro che “accordo-quadro prioritario”. Se c’è qualcosa di prioritario in questo accordo, è proprio non firmarlo!

Contributo della Svizzera alla pace nel mondo? Encomiabile, ma al momento non prioritario

La Svizzera ha sempre dato il suo contributo alla pace nel mondo, sia indirettamente tramite la Croce rossa, sia direttamente, offrendo buoni servizi e ospitando conferenze di pace. Purtroppo, sotto quest’egida, ha qualche volta partecipato a operazioni in contrasto con la sua neutralità (ricordate la “neutralità attiva” di Micheline Calmy-Rey?). Ma, nell’insieme, il bilancio è tutto sommato positivo. Continuare su questa strada è quindi normale ma, a mio avviso, certamente non prioritario nei molteplici compiti che la Confederazione deve portare a termine oggigiorno

Per concludere, non ci siamo, signor Cassis! I tre “pilastri” della sua politica estera non hanno più consistenza di tre porzioni di mozzarella di bufala. E se non trova il tasto “reset” sulla sua tastiera, le consiglieremmo “Ctrl+Alt+Del”. Le si aprirà una finestrella dalla quale può cancellare l’intero programma.

 

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