Gli accordi bilaterali sono più importanti di un accordo-quadro

Feb 7 • L'opinione, Prima Pagina • 1178 Views • Commenti disabilitati su Gli accordi bilaterali sono più importanti di un accordo-quadro

Beat Kappeler
Commentatore economico della NZZ am Sonntag

Dalla NZZ am Sonntag traduciamo, con il consenso dell’autore, un interessantissimo articolo

I sostenitori di un accordo-quadro con l’UE passano velocemente oltre due gravi fratture strutturali. Essi sembrano non sapere o valutare erroneamente come funziona e funzionerà in futuro la Corte di giustizia europea  e come sarà governata l’UE. Entrambe si differenziano dalle procedure in uso in Svizzera, in ambedue i gremi non si derogherà, quindi il tutto rimane incompatibile.
La Corte di giustizia europea (CGUE) non solo applica un diritto vincolante ma, dal 1958, è legata alla “unione sempre più stretta”. Per questo motivo, nel 1963 e nel 1964 ha fatto della CEE uno Stato che pone il diritto europeo al di sopra di quelli nazionali, dichiarando questo diritto europeo essere applicabile direttamente ai cittadini dei singoli paesi. Al riguardo non ci fu alcun vertice dei governi, tanto meno delle votazioni popolari –  fu un colpo di Stato. Da allora, i capi di Stato e di governo hanno dato in continuazione nuove competenze alla CEE-CE-UE, attribuendo così la priorità alla CGUE. Questa rifiutò addirittura, a fine 1991, la collaborazione dei suoi giudici in un tribunale misto SEE, perché così si sarebbe annacquato il diritto UE.

Ciò potrebbe capitare anche all’accordo-quadro con la Svizzera. La CGUE non può far altro, non si tratterebbe  semplicemente dei “giudici stranieri”, bensì di una truppa d’assalto in toga rossa per più UE e per il primato di Bruxelles. Inoltre, è molto accondiscendente nei confronti della politica.  Per questo ha permesso i pacchetti di aiuti agli Euro-paesi del sud, nonostante che il trattato di Lisbona, nell’articolo 125 contenga al riguardo l’esplicita parola “vietato”. Per salvare l’Euro, la CGUE ha violato la legge. Questi atteggiamenti bisogna aspettarseli anche in futuro. Qualsiasi altra cosa sarebbe ingenuità.

La seconda spaccatura strutturale fra la Svizzera e l’UE risiede nella posizione dei governi. Nelle democrazie parlamentari decidono i governi nelle conferenze UE le questioni fino alle modifiche degli accordi, e poi la sputano facilmente di fronte ai propri parlamenti nazionali. Dei parlamentari che si opponessero provocherebbero nuove elezioni e, qualora insistessero a fare le bizze, avrebbero gravi difficoltà a essere messi in lista quali candidati. Questi governi “fanno l’UE”. Ciò che in passato è stato deciso da questi vertici con molti compromessi, non può essere annullato, per molti temi occorrerebbe l’unanimità. Si sfascerebbe tutto, cosa che emerge anche dai negoziati su Brexit dalla parte dell’UE.

Il governo svizzero, al contrario, non ha una maggioranza parlamentare, bensì dipende dal suo “régime d’assemblée”. Non può mai prendere impegni vincolanti e può essere, come nel caso dell’accordo sul traffico aereo con la Germania, tranquillamente smentito dal parlamento. A ciò si aggiungono eventuali votazioni popolari. Quest’ultime sono solo una parte del problema.

Si stipulerebbe quindi un accordo-quadro fra un partner, l’UE, strutturalmente fisso per sempre e guidato unilateralmente da un tribunale, e il partner Svizzera, che sottostà a un modello decisionale “bottom-up” –  e non a quello “top-down”. Un accordo-quadro, in tutte le forme discusse, è perciò impossibile, in particolare se vi fossero incluse anche tutte le future, dinamiche normative dell’UE. Un tale obbligo di riprendere il diritto UE e di sottoporre tutto al beneplacito di Bruxelles, invece degli odierni accordi internazionali fra partner sovrani, sarebbe un “cambio di sistema di enorme portata”. L’hanno concluso il professor Stephan Breitenmoser e l’avvocato Simon Hirsbrunner nella NZZ del 18 gennaio.

Sull’arazzo raffigurante il trattato d’alleanza del 1663 con la Francia, Luigi XIV indossa il cappello, i Confederati si avvicinano a capo scoperto esattamente come i servitori tutt’intorno. Ma un dipinto di un artista indipendente mostra i rappresentanti dei cantoni con il cappello, quali sovrani come Luigi, cosa peraltro prestabilita nel protocollo. Il fabbricante dell’arazzo aveva sottoposto in precedenza gli schizzi a Luigi, e si lasciarono via i cappelli, come si può vedere nel museo nazionale: il potere assoluto non poteva far altro che revisionare i fatti. Ma sarebbe ed è ingenuo ignorare tali fratture strutturali.

Ingenuamente, molti premono, per mera attualità, affinché si giunga a un accordo-quadro ancora prima delle tornate elettorali 2019 nei paesi UE. Ma le ultime elezioni hanno smorzato gli ardori degli Euroturbo nazionali: tutta l’Europa dell’Est e l’Austria si stanno distaccando dalla cieca devozione a Bruxelles. Bruxelles ha il timor panico di fronte al 2019, possiamo aspettare. A questo punto l’UE, impegnata negli ardui negoziati su Brexit, non può concedere alla Svizzera degli zuccherini che potrebbero poi esserle rinfacciati dall’Inghilterra.  Su i cappelli, dunque. Un po’ di sovranità, qualche scomodità quale non membro e faticosi accordi contingenti come finora, hanno molto valore. Lo si dica onestamente all’UE.

La redazione de Il Paese ringrazia il Dr. Kappeler per aver concesso la riproduzione in italiano del suo articolo.

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