Un SÌ all’inasprimento del nostro diritto sulle armi, solo per salvare Schengen e Dublino?

Mag 17 • L'opinione, Prima Pagina • 984 Views • Commenti disabilitati su Un SÌ all’inasprimento del nostro diritto sulle armi, solo per salvare Schengen e Dublino?

Black Rot

Il 19 maggio voteremo, fra le altre cose, sulla direttiva sulle armi decisa dall’UE e sulla conseguente modifica della legge svizzera. Che questo inasprimento del diritto sulle armi, impostoci dall’UE al presunto scopo di combattere il terrorismo porti poco, e in Svizzera niente del tutto, salvo un enorme onere amministrativo supplementare, è chiarissimo e del resto non viene seriamente nemmeno contestato. I sostenitori nostrani della proposta motivano il loro SÌ – ma solo per seminare il panico – che, in caso di un NO, la Svizzera sarebbe esclusa dall’accordo di Schengen/Dublino. Da una più approfondita disamina la realtà risulta ben diversa.

Schengen

La Svizzera ha a suo tempo deciso di aderire all’accordo di Schengen. Ciò, in ragione di una decisione popolare che le nostre autorità hanno pilotato fornendo dati palesemente falsi concernenti i costi dell’operazione (in effetti, come è stato il caso con la penalizzazione del matrimonio, bisognerebbe annullare questa decisione popolare per diffusione di informazioni sull’oggetto in votazione totalmente false da parte delle autorità).

L’accordo di Schengen venne a suo tempo escogitato dall’UE per abolire i controlli personali all’interno dello spazio UE, rafforzando in compenso sensibilmente quelli alle frontiere esterne. Che questo progetto non sarebbe potuto funzionare era chiaro fin dall’inizio, perché le frontiere esterne dell’UE negli Stati membri a sud e ad est non sono semplicemente controllabili, nemmeno con i massimi sforzi. E, infatti, anche Stati dell’UE esposti al rischio hanno sempre fatto uso delle norme d’eccezione temporanee di Schengen per ristabilire i loro controlli alle frontiere interne dell’Europa (in teoria temporaneamente ma, in pratica, permanenti).

L’accordo di Schengen è stato contestato dagli Stati membri fin dall’inizio. Che sia andato in porto è dovuto al fatto che, quale compensazione per le prevedibili conseguenze negative in materia di sicurezza sono state adottate, in un accordo supplementare, delle cosiddette “misure di compensazione”. Tutto ciò in forma di un rafforzamento della collaborazione nel campo della polizia e della giustizia e con l’introduzione del Sistema d’informazione di Schengen SIS (Schengen Information System), il quale avrebbe dovuto rendere più dinamica, almeno in Europa, la collaborazione internazionale con l’Interpol. Questa migliore collaborazione nel campo della sicurezza, quando fu il momento di votare su Schengen, ci fu venduta come argomento principale, sottacendo invece scandalosamente gli enormi problemi supplementari in materia di sicurezza a seguito dell’abolizione dei controlli personali alle frontiere. Che il SIS funzioni meglio dell’Interpol, è chiaro. Ma se diamo un’occhiata alla nostra statistica criminale, nella quale la criminalità straniera – sempreché sia dichiarata e non sottaciuta – occupa costantemente un ruolo importante e dall’introduzione di Schengen non è assolutamente diminuita, è lecito chiedersi quale ne sia l’utilità. A mio avviso, una disdetta da Schengen e la reintroduzione dei controlli personali alle nostre frontiere porterebbe più sicurezza della collaborazione con il sistema di sicurezza UE. Oltre a ciò, questa collaborazione è utile non soltanto alla Svizzera, bensì anche all’UE, sicché non le conviene escludere la Svizzera facendone (dal suo punto di vista) un’”isola di insicurezza”. Che in caso di un nostro NO alla norma UE sulle armi comporterebbe la rescissione dell’accordo di Schengen è perciò piuttosto improbabile.

Dublino

L’accordo di Schengen è stato fin dall’inizio abbinato all’accordo sui rifugiati di Dublino. Questo prescrive che le domande d’asilo debbano essere trattate dallo Stato UE di prima accoglienza, e che i richiedenti l’asilo non possano proseguire il viaggio e depositare la domanda d’asilo in altri Stati che hanno sottoscritto l’accordo. In teoria, questo accordo sarebbe stato l’ideale per la Svizzera. Perché quasi nessun richiedente l’asilo arriva direttamente in Svizzera (a eccezione di un paio di dozzine l’anno per via aerea, peraltro rigorosamente controllata), praticamente il 99% di loro viaggia attraverso Stati confinanti (soprattutto l’Italia). Costoro, secondo l’accordo di Dublino non potrebbero assolutamente entrare in Svizzera. Purtroppo, come succede per Schengen, anche per Dublino la realtà è notoriamente diversa (vedi statistica dell’asilo). Entrambi gli accordi semplicemente non funzionano.

Dobbiamo dunque obbligatoriamente riprendere l’inutile direttiva UE sulle armi, per “salvare” gli inefficaci accordi di Schengen e Dublino?

La mia risposta è chiara: NO.

 

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