Scandalo EOC: il solito caso isolato? (Articolo pubblicato nel CdT del 25.09.2014)
“Signore, non lo sa che è proibito fare la pipì nella piscina?”
“Vabbé, ma lo fanno tutti…”
“Sì, ma non dal trampolino!”
Lo scandalo che ha portato alla luce le fatturazioni abusive presso l’Ospedale La Carità di Locarno, in particolare il trattamento “morbido” adottato dal CdA di EOC e l’atteggiamento un tantino “omertoso” di fronte a un comportamento decisamente illegale – l’indagine della magistratura ci dirà poi in che misura – di chi sapeva ma ha omesso di denunciare il fatto all’autorità giudiziaria, mi induce a fare il parallelo con la succitata vecchia barzelletta di Gino Bramieri.
Il sospetto è più che legittimo, che dietro al fatto emerso perché un paziente ostinato ha insistito per vederci chiaro, si nasconda una prassi più diffusa, i sette ottavi sommersi di un iceberg infetto che getta un velo di sfiducia su tutta una classe medica che già spesso e volentieri la gente vede – a torto – come una categoria privilegiata intenta esclusivamente ad arricchirsi il più possibile. Un sospetto deleterio, oltre che sicuramente immeritato per la gran parte dei medici, la cui professione si basa essenzialmente sul rapporto di fiducia con il paziente.
Oggi abbiamo una Magistratura che indaga sul caso specifico dell’ospedale La Carità, rispettivamente il procuratore generale John Noseda che fa altrettanto sui motivi che hanno spinto il Consiglio d’amministrazione di EOC all’atteggiamento soft che fa gridare allo scandalo.
Ma chi ci dice che – come qualcuno già mormora – questo malandazzo non sia prassi, se non usuale, perlomeno diffusa? “Vabbé, ma lo fanno tutti…”? Spero di no, ma un’accurata analisi della situazione andrebbe fatta eccome! E toccherebbe al Consiglio d’amministrazione effettuarla o farla effettuare da un organo esterno, al fine di chiarire totalmente se, come auspicabile, si sia trattato di un caso isolato oppure no.
Peccato che quello stesso Consiglio d’amministrazione, chiamato a decidere sul singolo caso emerso, abbia già deciso di stendere un pietoso velo sull’accaduto – smentito poi fortunatamente dalla magistratura che ha deciso di avviare le indagini motu proprio – e tentato in seguito pateticamente di banalizzarne la gravità (Attilio Bignasca: “Ero a conoscenza della cosa da sei mesi … l’Ente Ospedaliero Cantonale fattura centinaia di milioni, 100mila franchi sono niente.”).
Orbene, con che fiducia ci si può attendere ora che questo CdA faccia la dovuta chiarezza? Se – come credo – il reato è di valenza penale, tocca alla magistratura il compito dell’indagine, cosa che sicuramente non mancherà di fare nel presente caso. Ma giustamente, qui si tratta di un caso specifico emerso tramite stampa sì, ma comunque perseguibile d’ufficio. Ma che fare se si fosse veramente in presenza della punta di un iceberg? Aspettare la denuncia di qualche paziente che si è accorto della fatturazione di un intervento chirurgico da parte di un primario assente? Non sarebbe più opportuna invece una verifica a tappeto sugli ultimi due o tre anni, con controlli incrociati e quant’altro ci offrono le moderne tecniche d’indagine, in modo da beccare, se del caso, anche quelli che la pipì in piscina la fanno entrando in acqua?
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