Colpevole censura?
Mercoledì 26 agosto 2015, Rete Uno, radiogiornale delle ore 7.00: uno Svizzero su quattro lavora per lo Stato (Confederazione, cantoni, comuni). Ancora un po’ annebbiato nella fase di risveglio – la notizia me la dà la radiosveglia – credo di aver frainteso.
Poco male, mi dico, ascolterò il radiogiornale delle 8.00. Sorpresa! Un’ora dopo, la notizia non c’è già più. Pur non essendo sotto l’effetto di psicofarmaci, magari me lo sono sognato, preda di un inconscio che ama criticare a oltranza chi ci governa. Per sicurezza, ascolterò anche l’emissione delle 12.30. Invano, la notizia è evaporata, non esiste più. O forse non è mai esistita? Per rassicurare me stesso circa la mia sanità mentale, approfitto di quell’invenzione – a volte pericolosa, ma spesso molto utile – che è Internet. E sul portale della RSI (http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/informazione/radiogiornale/RADIOGIORNALE-5958376.html) ritrovo la trasmissione, nella quale si dice (più o meno letteralmente): “I dati sono quelli che riguardano tutti gli impiegati dell’amministrazione pubblica, a livello federale, cantonale e comunale. In questo settore, dal 1995, c’è stato un incremento del 40% dei posti di lavoro. Globalmente, negli ultimi vent’anni, i posti di lavoro in Svizzera sono aumentati del 12%, in altre parole, lo Stato cresce in modo molto più veloce di qualsiasi altro settore dell’economia. La Confederazione ha dovuto assumere nuovi compiti – dice Barbara Schärer, direttrice dell’Ufficio federale del personale – compiti nell’ambito dell’immigrazione, dell’assistenza giudiziaria o della sicurezza. E si tratta di posti di lavoro qualificati con stipendi alti e ciò ha portato anche a un aumento dei costi dovuti ai salari. Per l’amministrazione federale, negli ultimi 13 anni, l’incremento alla voce stipendi è stato del 40%, per un totale di 5 miliardi di franchi spesi in salari ogni anno. Il Consiglio federale è intenzionato nel 2016 a non superare questo limite, anche perché messo sotto pressione dai partiti borghesi. Il tema rimane comunque nel mirino della politica, in un paese in cui un dipendente su quattro lavora per lo Stato”.
Dato che la notizia fa riferimento alla trasmissione 10vor10 della SRF, per chi capisce il tedesco riporto il link per guardare la trasmissione (http://www.srf.ch/play/tv/10vor10/video/personalboom-beim-bund?id=f706e795-1b55-4deb-b2d9-dd5c33484912) che però non dice molto di più di quanto riportato dalla RSI.
Introdotto così il tema, mi permetto qualche riflessione.
Capo primo, che un quarto della popolazione attiva professionalmente lavori per il settore pubblico mi sembra una cifra decisamente sproporzionata. In cifre assolute, si tratta di oltre un milione di persone cui paghiamo alti stipendi (per stessa ammissione della direttrice dell’Ufficio federale del personale). Se si pensa che, sempre secondo la signora Schärer, il fenomeno è dovuto all’aumento dei compiti assuntisi dalla Confederazione soprattutto nel settore dell’immigrazione, dell’assistenza giudiziaria (presumibilmente nel settore dell’asilo grazie alle infinite possibilità di riscorso concesse ai richiedenti) e della sicurezza (messa vieppiù in pericolo dalla sciagurata adesione all’accordo di Schengen), risulta ai miei occhi evidente che ci troviamo di fronte al gatto che si morde la coda, a una spirale perversa destinata a crescere e accelerare proporzionalmente al lassismo sempre più imperversante di una sinistra politica d’irresponsabile apertura.
Lasciamo immigrare masse di persone, delle quali dobbiamo poi assumere grosso modo un quarto per svolgere mansioni pubbliche inerenti alla loro gestione (servizi legati all’immigrazione, all’assistenza giudiziaria e alla sicurezza, le cui spese vanno ad aggiungersi a quelle per le necessarie strutture quali alloggi, ospedali, scuole, strade, eccetera).
Ecco dunque, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la riprova dell’urgenza di mettere in atto l’articolo costituzionale contro l’immigrazione di massa votato da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014. Solo importando la manodopera strettamente indispensabile alla nostra economia avremo una crescita dell’impiego pubblico commisurata alle reali necessità.
Oggi, purtroppo, dobbiamo paradossalmente assumere personale per sopperire ai bisogni di chi entra in Svizzera solo per approfittare di un sistema sociale assurdamente generoso. In altre parole, grazie alla libera circolazione delle persone – ma anche all’ignavia di chi dovrebbe essere preposto a difendere gli interessi della Svizzera – non solo dobbiamo accettare un’immigrazione incontrollata di persone non necessarie alla nostra economia, ma dobbiamo pure assumere, e quindi pagare, del personale per gestire la loro parassitaria presenza nelle nostre istituzioni sociali.
La rapida eliminazione dell’inquietante notizia dal radiogiornale della RSI e il fatto che quasi nessun organo di stampa ne abbia parlato, rendono legittimo il sospetto che una certa qual censura (o autocensura) sia intervenuta sui media per evitare il diffondersi nella popolazione dell’ennesimo motivo di sfiducia nei confronti di chi ci governa.
« I titoli a Lugano e Ponto Valentino L’UDC s’oppone all’assurda discussione dell’UE sulle quote »