Una risposta all’avvocato Paolo Bernasconi
Ho letto con attenzione la sua riflessione sulle proposte per combattere la mafia in Svizzera. Non mi esprimo su quella di bloccare la vendita di armi “inadeguate”, conosciamo le armi di oggi, non quelle di domani e rischieremmo di essere perennemente in ritardo. Lei propone, e questo invece mi fa più paura, di togliere dal Codice Svizzero il principio della parità. Lei scrive: Per loro non devono più valere le stesse garanzie difensive previste per il ladruncolo. Prosegue dicendo: Il diritto di conferire liberamente con il cosiddetto “avvocato della prima ora” permette al gruppo mafioso di sabotare sul nascere le inchieste. Altro virus letale per le inchieste antimafia l’obbligo di informare le persone che sono state oggetto di pedinamenti, intercettazioni telefoniche e simili. Scrive pure: Anche in Ticino urge una sezione per il sequestro e le confische. Lo scrive dicendo che è appena tornato da cinque giornate di studio con esperti giudiziari e della sicurezza. Non ne dubito. Mi viene alla mente il caso Nada, una persona rovinata moralmente e in parte finanziariamente da un’inchiesta partita dal sospetto di finanziamento al terrorismo. È stato agito nei suoi confronti, più o meno come lei sta descrivendo come bisognerebbe fare. Penso al caso Holenweger, un banchiere sospettato di riciclaggio. In questo caso si è arrivati, da parte degli inquirenti, a proporgli di riciclare denaro, pur di incastrarlo. Il caso si è risolto con le dimissioni di chi ha condotto l’inchiesta a livello federale: Valentin Rorschacher. Altri, coinvolti nella stessa inchiesta, costata al contribuente milioni di franchi, salvo errore, sono stati spostati e sono tutt’ora stipendiati dal contribuente. Cosa si è imparato da questi casi? Non lo so. Però so di sicuro che quello che abbiamo bisogno è fiducia nello Stato, nelle sue leggi, nelle persone che queste leggi le fanno rispettare. Abbiamo bisogno, per esempio, che venga dato seguito a quanto deciso dal popolo, e cioè all’espulsione dei criminali (ne manteniamo molti a nostre spese). Abbiamo bisogno che lo Stato, prima di mettere le mani avanti e combinare disastri (i due casi citati non sono unici), abbia fiducia nel cittadino. Non deve succedere che da una parte venga concesso un permesso, e un altro ufficio ritenga questo permesso una scusa per effettuare, per esempio, del dumping salariale. Se nel cittadino scompare la fiducia nelle istituzioni, saremo presto al livello di quelle nazioni che hanno migliaia di leggi e nello stesso tempo hanno, appunto, una mafia potente e ognuno “si arrangia”. Non abbiamo bisogno di più esperti e professori, abbiamo bisogno di gente che abbia i piedi ben piantati per terra. In Svizzera, per fortuna, abbiamo un buon tasso di professionalità senza studi superiori. In altri paesi, dove ogni due uno è laureato c’è la più forte disoccupazione e le imposte sono più alte. Non abbiamo bisogno di nuove tasse (da qualche parte i soldi per la sezione sequestro e confische da lei auspicata devono arrivare, e se va male pure quelli dei risarcimenti a chi a causa di inchieste balorde ha perso salute, lavoro e a volte pure la famiglia). Non abbiamo bisogno di ministri come la signora Widmer Schlumpf, oggi alle finanze, che avrebbe proibito ai nonni di curare i nipotini perché non in possesso di una formazione pedagogica. Abbiamo bisogno di senso pratico, meno leggi ma più semplici e veramente applicate. Abbiamo bisogno di una polizia che possa fare bene il proprio mestiere senza paura di sputi in faccia. Avremmo meno mafia, o proprio nessuna.
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