Alcune domande a Magdalena Martullo-Blocher

Nov 2 • Dall'UDC, Dalla Svizzera, L'opinione, Prima Pagina • 1776 Views • Commenti disabilitati su Alcune domande a Magdalena Martullo-Blocher

In vista dell’importantissima votazione del 25 novembre, la consigliera nazionale e imprenditrice di successo Magdalena Martullo-Blocher ha simpaticamente accettato di rispondere ad alcune domande sull’autodeterminazione della Svizzera, ovviamente, ma non solo. Ricordiamo che la signora Martullo-Blocher – politicamente e imprenditorialmente “figlia d’arte” del padre Christoph – è a capo della maggiore industria del canton Grigioni (Ems Chemie), sposata con Roberto Martullo e madre di tre figli, ed è entrata in Consiglio nazionale nel 2015 in rappresentanza del canton Grigioni. Lo scorso 15 settembre abbiamo avuto il piacere di ospitarla a Giubiasco per una festa in suo onore presso il Bar Sagittario, appartenente alla sua zia acquisita Luisa Mosconi.

 

I.P.: Signora Martullo, nella breve presentazione qui sopra l’abbiamo definita “figlia d’arte”, con evidente riferimento a Suo padre Christoph, i cui immensi meriti politici per il nostro paese non hanno bisogno di essere enumerati. Quanto ha inciso la figura di Suo padre sulla sua entrata in politica e come vive l’inevitabile confronto con lui agli occhi dell’opinione pubblica?

MMB.: Durante i pasti, da noi si discuteva molto di politica. Mio padre era sempre molto impegnato ed era anche spesso attaccato dai suoi avversari politici. Ciò non è sempre stato facile per la famiglia. In effetti, io non avrei mai voluto entrare personalmente in politica. Quale imprenditrice attiva in 24 paesi, vedo bene i vantaggi della Svizzera e della democrazia diretta. E mi arrabbio nel vedere il modo incompetente e sconsiderato con il quale i nostri politici accettano degli svantaggi internazionali per la Svizzera. Noi Svizzeri dobbiamo poter decidere da soli. Altrimenti non potremo mantenere i nostri salari. Purtroppo, la libera circolazione delle persone, particolarmente in Ticino, i salari li ha già ridotti molto! 

I.P.: Lei è contemporaneamente a capo della maggiore azienda del canton Grigioni, consigliera nazionale, vicepresidente del partito, ma anche moglie e madre di famiglia. Come riesce a conciliare tutte queste responsabilità?

MMB.: Come tutta l’altra gente – a volte un po’ meglio, altre un po’ peggio. Effettivamente, si dovrebbero fare molte altre cose … Per fortuna ho anche accanto un grande partito. E anche mio marito mi sostiene molto.

I.P.: Visto che Il Paese è un giornale destinato soprattutto ai Ticinesi (o meglio ai residenti in Ticino, visto che pubblichiamo sempre un paio di pagine anche in lingua tedesca), quali sono i Suoi rapporti con il nostro cantone?

MMB.: In passato andavo quasi ogni autunno in ferie con i miei genitori sul Monte Bré. Il canton Ticino e il canton Grigioni hanno molto in comune. La lingua italiana, entrambi sono cantoni periferici e di montagna, e molti problemi sono analoghi. Con Marco Chiesa, il mio collega ticinese in Consiglio nazionale, discuto molto spesso. Purtroppo, il mio italiano non è ancora molto buono. Alla festa presso il bar di mia zia, ho tenuto per la prima volta un discorso in italiano. La gente rideva e applaudiva al momento giusto – quindi mi hanno capito (ride).

I.P.: E ora passiamo all’argomento che più ci tocca, la votazione del 25 novembre sulla nostra iniziativa per l’autodeterminazione: è giusto parlarne come della “madre di tutte le battaglie”, d’importanza uguale o addirittura superiore a quella che, il 6 dicembre 1992, portò alla bocciatura popolare dell’adesione allo SEE?

MMB.: È così. È di nuovo in gioco l’indipendenza della Svizzera e se potremo ancora decidere noi o se dovremo prendere ordini dall’estero! UE, ONU e altre organizzazioni internazionali vogliono imporci sempre più regolamentazioni. Nel 2012, il nostro Tribunale federale ha improvvisamente cambiato la sua prassi e deciso che il diritto internazionale ha la priorità rispetto a quello svizzero. Noi vogliamo di nuovo cambiare ciò. Gli Svizzeri devono decidere loro. Rendetevi conto che, senza autodeterminazione, dovremmo pagare a tutti i frontalieri le indennità di disoccupazione – diverse centinaia di milioni di franchi! Con la cittadinanza dell’Unione europea, tutti gli stranieri avrebbero diritto a un permesso di soggiorno durevole e potrebbero addirittura votare ed eleggere nei comuni. Con il Patto dell’ONU per la migrazione, la libera circolazione delle persone sarebbe introdotta a livello mondiale. Tutto ciò non lo vogliamo! Il Ticino ne sarebbe particolarmente colpito. Per questo il SÌ all’autodeterminazione è così importante!

I.P.: Alla base dell’iniziativa per l’autodeterminazione c’è la tendenza perversa assunta negli ultimi decenni dal Consiglio federale e dal Parlamento a ignorare la volontà del popolo, peraltro espressa inequivocabilmente in diverse votazioni, non applicandola o stravolgendola completamente a favore di soluzioni il cui unico scopo è quello di non urtare la suscettibilità dell’UE. A che cosa attribuisce Lei questo atteggiamento oltremodo pusillanime di certa classe politica?

MMB.: A Berna, la democrazia diretta è sgradita a molti! Vogliono privare il popolo del potere, perché è fastidioso e parecchie cose non le approva. Per questo a Berna girano frasi come “Il popolo manda la Svizzera a sbattere contro un muro” o “si dovrebbe educare il popolo”. Invece è proprio la democrazia diretta la nostra grande forza. Da noi tutti partecipano alla decisione, il che porta a soluzioni di ampio consenso.

I.P.: Nel rifiuto di applicare le decisioni popolari, c’è spesso, troppo spesso, lo zampino del Tribunale federale. Si può affermare che, con le sue sentenze che “fanno giurisprudenza”, la nostra corte suprema si arroghi il potere di legiferare che – secondo la separazione dei poteri – spetterebbe unicamente al parlamento, rispettivamente al popolo e ai cantoni? L’iniziativa per l’autodeterminazione porrebbe fine a questo arbitrio?

MMB.: All’origine dell’iniziativa per l’autodeterminazione c’è una sentenza del Tribunale federale. Tre giudici federali hanno deciso che l’iniziativa per l’espulsione accettata dal popolo non possa essere applicabile direttamente a causa del diritto internazionale. Con un SÌ all’autodeterminazione faremo sì che nessun giudice straniero, nessuno Stato straniero o organizzazione internazionale possa decidere sul destino di noi Svizzeri, ma che vale solo il nostro diritto nazionale. 

I.P.: In poche parole, ci descriva i vantaggi di un SÌ a questa iniziativa…

MMB.: Evita ulteriori pressioni sui salari, evita ulteriori tasse, permette regolamentazioni proprie dei cantoni e dei comuni! Anche una propria agricoltura può continuare a esistere solo con l’autodeterminazione. Altrimenti s’imporrà il totale libero scambio agricolo.

I.P.: … e le conseguenze di un NO

MMB.: Con un NO, la Svizzera perderebbe la sua autonomia. Le organizzazioni internazionali emetterebbero settimanalmente diverse migliaia di pagine di nuove regole che la Svizzera dovrebbe riprendere. Queste varrebbero anche se il popolo esplicitamente non le vuole. Altri, stranieri, deciderebbero ciò che vale in Svizzera.   

I.P.: A nome di tutti i nostri lettori, grazie Signora Martullo, per la sua cortese disponibilità. Contiamo di rivederla presto in Ticino.

MMB.: Sono sempre lieta di venire in Ticino.

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