Sensi di colpa assurdi
Quello odierno è un mondo strano. Il benessere forse eccessivo conquistato in un tempo da record che non ci ha permesso di assimilare e apprezzare nel giusto modo e progressivamente ogni passo avanti fatto dalla nostra civiltà, ha creato – parlo solo dell’Occidente, non delle aspirazioni di un Terzo mondo emergente che a questo benessere vorrebbe arrivare ancora più rapidamente – un’umanità confusa che, non avendo da risolvere i problemi ben più concreti e immediati delle generazioni passate, si riempie la bocca blaterando (e, peggio, criticando a vanvera) di argomenti del tutto astratti e perlopiù di lana caprina. Astratti e di lana caprina per l’attuale generazione che ne ha soltanto sentito parlare, naturalmente, non per i nostri genitori e nonni che li hanno vissuti sulla propria pelle. Invece di affrontare i problemi che affliggono OGGI questa nostra società (disoccupazione, violenza, eccetera), si volge lo sguardo al passato criticando decisioni e atteggiamenti che le autorità presero in situazioni che oggi non siamo legittimati a giudicare. Oppure, invece di cominciare a risolvere le difficoltà che toccano il nostro piccolo (famiglia, comune, cantone e, al massimo, la Svizzera) ci si mette in testa di salvare il pianeta risparmiando l’acqua nell’illusione che utilizzandone meno da noi, ce ne sia di più a disposizione degli Africani.
Assurdi e pericolosi sensi di colpa
Questa tendenza sempre più diffusa di colpevolizzarsi è molto pericolosa, perché viene sfruttata da organizzazioni, movimenti pseudoumanitari, ma anche da partiti politici in cerca di facili consensi, per influenzare e pilotare il pensiero delle masse in quello che esoticamente viene chiamato “mainstream”, ma che altro non è se non l’abboccare come cavedani all’amo di chi – per interessi spesso nemmeno tanto occulti – vuole creare una immensa domanda per i suoi prodotti. Che si chiamino pale eoliche, vetture elettriche, prodotti bio, industria dell’asilo o altro, non ha importanza: dietro a dei codici di comportamento – che oggi hanno più seguaci fanatici dei dieci comandamenti ai tempi delle crociate, ma che spesso sono solo l’esasperazione dei semplici insegnamenti che i nostri vecchi ci impartivano (non sempre con il successo che avrebbero meritato, devo ammettere per ciò che mi riguarda) sull’importanza di risparmiare o non sprecare – ci sono industrie, gruppi, movimenti il cui scopo è il mero lucro. Ci avete mai pensato? Qualcuno avrà pure l’interesse a vendere le pale eoliche, le vetture elettriche, i prodotti bio, ma anche a sfruttare ai propri fini la migrazione o la fame o la povertà, intascando polpose sovvenzioni da governi condiscendenti per paura di perdere consensi. Quegli stessi governi che poi, per chiudere il cerchio, emettono leggi e ordinanze miranti a loro volta a pilotare il pensiero delle masse nella direzione voluta (qualche esempio nostrano: tasse sui carburanti, uscita dal nucleare, tassa sul sacco, eccetera). Il primo risultato di tutto questo è un continuo e inarrestabile aumento del costo della vita, peraltro non compensato da un equivalente crescita dei salari. Non finirà mai di stupirmi questa tendenza a sentirsi in colpa se ci si distanzia dal pensiero corrente, un sentimento che ci fa portare al centro di raccolta differenziata situato a centinaia di metri da casa, quell’unica bottiglia di vetro che tanto comodamente troverebbe posto nel sacco dei rifiuti casalinghi. O che ci fa pedalare con fatica – peraltro infrangendo le più elementari del codice stradale (semafori bruciati, circolazione in contromano o sui marciapiedi): stranamente, per quello non proviamo alcun senso di colpa – perché il “mainstream” ha fatto sì che per trovare un parcheggio in città, lo si debba cercare per ore. Personalmente, non provo sensi di colpa, forse perché li tacito a suon di multe.
Sensi di colpa per ciò che hanno fatto altri prima di noi?
Ancora meno giustificati sono i sensi di colpa di cui parlavo all’inizio, quelli dettati da azioni o comportamenti di chi ci ha preceduto anche di parecchi anni nella storia di questo paese. A crearne sono stati maestri gli eredi degli Ebrei vittime dell’Olocausto. Non tanto le vittime dirette del nazi-fascismo, che ne avevano tutti i diritti, quanto le generazioni seguenti. Non a caso, l’Olocausto viene evocato a ogni piè sospinto, mentre degli eccidi perpetrati dai regimi comunisti si parla solo e sottovoce quando proprio non se ne può fare a meno. Anzi, mentre l’Olocausto ha sviluppato sensi di colpa anche in chi non c’entrava per nulla – in particolare le nuove generazioni di paesi che certamente non avevano sostenuto né Hitler né Mussolini – per le stragi di Stalin, Pol Pot, Mao e altri ancora accomunati dal colore rosso delle loro bandiere, nessuno si sente in colpa, il virus non attecchisce.
Tutto questo discorso, solo per citare un esempio riguardante il nostro paese: vi ricordate la faccenda dei fondi ebraici che negli anni ’90 portò UBS, ma con la benedizione del governo, a cedere al ricatto americano (ovviamente non estranei gli interessi della stessa nel mercato USA), pagando la bella cifra di un miliardo e duecentocinquanta milioni di dollari (al cambio di allora 1,86 miliardi di franchi)? Da notare che la distribuzione di questo denaro ai sopravvissuti dell’Olocausto necessitò di 15 anni ma, personalmente, non mi meraviglierebbe se, oltre agli onorari di D’amato, Fagan e altri avvocati, alla stessa fosse stata tolta una sostanziosa fetta andata in chissà quali mani. Ma l’esborso della pur non indifferente cifra, sarebbe un problema solo relativamente importante, se la cosa si fosse fermata lì. Purtroppo, in un delirio di autoflagellazione, il Consiglio federale commissionò la famosa perizia del professor Jean-François Bergier, il cui rapporto fece quasi passare i nostri governanti durante il periodo bellico, come dei delinquenti di poco inferiori ai criminali nazisti perché, in una situazione che peraltro nessuno oggi può permettersi di giudicare, avevano preso determinate decisioni allo scopo (raggiunto con successo) di preservare la Svizzera dagli orrori della guerra. Ed ecco allora dilagare il senso di colpa per un certo presunto collaborazionismo con la Germania, per aver gestito in modo discutibile l’asilo, e altro ancora. Questo assurdo atteggiamento pubblicizzato urbi et orbi, unito alla vile resa al ricatto delle organizzazioni ebraiche americane, diede l’immagine di una Svizzera pusillanime e pronta a farsi spennare da chi alzi un tantino la voce (immagine peraltro corrispondente alla realtà, se si misura la Svizzera solo dal comportamento della Berna federale). E grazie a questa immagine, oggi ci troviamo di fronte a un’escalation di pretese che non sembra avere fine, da parte dell’UE.
Conclusione
Per me è una sola: non c’è nessuna ragione per avere dei sensi di colpa, né per dei comportamenti non convenzionali (politicamente scorretti) di oggi, né per azioni o decisioni prese da persone o da politici quando non eravamo nemmeno ancora nati. Togliamoci di dosso questo stupido atteggiamento, e saremo molto meno condizionati nella nostra quotidianità. Per avere un comportamento RAGIONEVOLMENTE ecologico, non occorre il “mainstream”, basta ciò che ci può insegnare l’esperienza dei nostri nonni, quando i problemi importanti della vita erano dettati dal bisogno della famiglia, non da una presunta emergenza di salvare il pianeta.
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