Inopportuni atti di contrizione
Da parte del duo di coppia senza timoniere Berset-Cassis, genuflessi al cospetto dell’alto commissario dell’ONU per i diritti umani che, secondo i disfattisti nostrani, in Svizzera sarebbero costantemente violati. Il tema «doveri» nell’incontro non è stato affrontato! Ci stiamo proprio conciando per le feste, tagliandoci allegramente gli attributi. Ma questa è pratica lesionista oramai collaudata. Possiamo immaginare come il signor Türk si sia sentito appagato nell’udire i due «canottieri» bernesi fare ammenda e promettere, per farsi perdonare, di versare altri milioni (nel 2022 all’organizzazione ONU per i diritti umani ne sono già stati versati una decina), oltre ai miliardi che stiamo allegramente scialacquando. I beneficiari AVS ringraziano, riconoscenti per il munifico aumento delle prestazioni!
Le casse federali si stanno svuotando, si piange miseria e allora, citiamo: «Servirà molta disciplina», così come raccomandato dalla signora Karin Keller-Sutter, ministra delle finanze. In parole povere, dovremo tirare la cinghia, penalizzando gli Svizzeri in maniera di poter accogliere, mantenere, foraggiare e vezzeggiare le centinaia di migliaia di rifugiati e di furbastri che, stranamente – sebbene razzista e xenofoba – hanno comunque scelto di venire e di rimanere in Svizzera. Ma se questo è un paese dove veramente i diritti umani vengono costantemente violati, che cosa ci fanno qui? Forse per soddisfare una incontenibile tendenza masochista? Ci risulta che le domande di asilo stanno aumentando a vista d’occhio, di pari passo con la sempre più diffusa criminalità. I centri federali d’asilo stanno per scoppiare. Ma si pensa anche di ospitare, a causa del sisma, Turchi e Siriani: meglio abbondare che scarseggiare, tanto c’è posto per tutti!
Pur di profilarsi, lo sputtanamento nei confronti di questo paese – poiché è di questo che stiamo parlando – è la disciplina più praticata da alcuni dilettanti allo sbaraglio che siedono a Palazzo federale, sostenuti dalla claque in favore del multiculturalismo e dall’immarcescibile mantra del politicamente corretto. L’essenziale è colpevolizzarci, facendoci sentire ciò che assolutamente non siamo! Ma di cambiare aria non se ne parla, figuriamoci! E questo vale non solo per i troppi finti rifugiati che ci teniamo in casa, ma anche per certi parlamentari detentori di più passaporti, e dai nomi che tradiscono lontane origini. Eppure, eccoli a sputare nel piatto dove si rimpinzano, senza vergogna e dignità. Come più volte dichiarato da certe «comparse rosa» che siedono in CN, «la Svizzera non esiste». Questa geniale battuta, la dice lunga sul QI di chi dovrebbe rappresentarci, dimostrando attaccamento per questo paese, per la sua storia i suoi valori e tradizioni! Invece non perdono occasione per parlarne male.
Bisogna smetterla una volta e per tutte di autoflagellarci per compiacere organizzazioni, che di scheletri negli armadi ne hanno stoccati in quantità industriale. Così, tanto per sollecitare gli smemorati, possiamo citare l’inetta, demenziale e confusionaria UE e i democratici parlamentari corrotti a suon di bustarelle di dubbia, quanto esotica provenienza, oltre a certe allucinanti decisioni, che in futuro saremo chiamati a pagare duramente, anche se dell’ammucchiata – per nostra grande fortuna – non facciamo parte.
L’ONU e quelle che si autodefiniscono grandi potenze che si permettono di fare il bello e il cattivo tempo, decidendo (democraticamente?) di assoggettare nazioni e popoli con il chiaro intento di accaparrarsi sempre più vaste aree d’influenza. Senza dimenticare la NATO, che in Ucraina, senza dubbio e intenzionalmente, ci ha messo lo zampino e noi ne stiamo subendo le conseguenze, compresa la messa in pericolo della nostra neutralità, che qualcuno vorrebbe «più dinamica»: ovvero gettarla nel water! Un tacchino ripieno preparato in occasione del Thanksgiving Day, a confronto dell’ego smisurato del responsabile del DFAE, apparirebbe meno rigonfio.
«C’era una volta la Svizzera», un paese invidiatoci da molti, dove tutto funzionava a meraviglia. Adesso non passa giorno – vedi a esempio FFS – senza contrattempi: guasti, interruzioni del traffico, ritardi. La Posta, una volta fiore all’occhiello, ora ridotta a svolgere la sua funzione nei bar e nelle osterie in sostituzione degli uffici postali smantellati per razionalizzare e nel contempo permettere di gonfiare a dismisura il portafoglio dei membri del CdA. Ma, secondo l’ex $indacalista e teorico del lavoro, kompagno Christian Levrat, la sua rinuncia (Mon Dieu, quel sacrifice!) al mandato parlamentare è stata decisa per, citiamo: «portare avanti la discussione sulle condizioni quadro legislative. Questo non solo nell’interesse del personale e dei clienti della Posta, ma soprattutto per far sì che l’azienda continui a essere un elemento chiave dell’infrastruttura di prim’ordine della Svizzera, quale vantaggio competitivo per l’economia e le persone del nostro paese». (fdc)
Levrat, per favore, non ci prenda per i fondelli! Vada a parlare con i portalettere e poi si renderà conto in quali condizioni sono costretti a dover lavorare. In quanto al servizio l’inefficienza è sotto gli occhi di tutti. Quindi non ci si venga a raccontare frottole!
E si potrebbe continuare, citando altri esempi di preoccupante degrado, sia nel settore privato sia nell’amministrazione pubblica, dove sempre più spesso hai a che fare con gente e accenti a dir poco strani, causa l’impiego di personale importato a basso costo e che dimostra una preoccupante quanto empirica formazione, oltre che essere avulso dalla realtà di questo paese.
Gradiremmo che l’alto commissario dell’ONU per i diritti umani, dimostrasse analoghe inquietudini anche per quelli violati in Iran, Afghanistan, Cina e altri paesi, e la si smettesse di bacchettare la Svizzera, che non è più disposta – Berset e Cassis permettendo – a prendere lezioni impartite da pulpiti che in fatto di credibilità lasciano molto a desiderare!
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