No all’iniziativa contro la tassazione dei globalisti
L’ultimo grido d’allarme è arrivato pochi giorni fa dal municipio di Lugano. Se, il prossimo 30 novembre, l’imposizione secondo il dispendio dovesse essere abolita, alla città sul Ceresio verrebbero probabilmente a mancare 17 milioni di franchi. Ed è questo il punto: al di là di impressioni personali e opinioni, confronti e dibattiti, credo che la fotografia scattata da chi amministra concretamente una città sia la cartina al tornasole dei pericoli di un’iniziativa che rischia di tagliare il ramo su cui siamo seduti tutti.
Ovviamente, Lugano non sarebbe l’unica città interessata dalla voragine che si aprirebbe, se l’iniziativa “Basta ai privilegi fiscali dei milionari” venisse approvata.
In Ticino – e non stiamo neanche parlando del cantone fiscalmente più attrattivo per le persone facoltose – coloro che godono di questo privilegio sono passati da 523, nel 2006, a 955, nel 2014. Siamo in terza posizione, subito dopo Vaud e Vallese o, se vogliamo concentrarci sul gettito generato, subito dopo Vaud e Ginevra.
Tradotto in soldoni, significa che, grazie ai cosiddetti “globalisti”, ovvero stranieri che non hanno un’attività lucrativa in Svizzera e vengono tassati non in proporzione a quanto guadagnano (all’estero), ma ai consumi, il Ticino vede le casse pubbliche lievitare di 109 milioni di franchi, ogni anno: i milioni, 35 nel 2006, sono più che triplicati in otto anni. Significa che il nostro cantone non solo è stato scelto da un numero sempre più numeroso di persone facoltose, ma anche che è aumentato il dispendio minimo il quale, peraltro, dal primo gennaio del 2015 è di 400 mila e non più di 200 mila franchi. Non è già una concessione alle richieste della sinistra? Lo è, ma chi combatte battaglie di stampo ideologico, non si accontenta mai.
L’iniziativa sarebbe anche bella e nobile, se chi l’ha promossa fosse in grado di garantire che le casse pubbliche non subirebbero ritocchi verso il basso. Dal momento che nessuno di chi l’ha lanciata lo può fare, se non a parole, va vista per quello che è: un attacco di principio alle persone facoltose.
Vale poi la pena di ricordare che l’Assemblea federale sta procedendo da almeno un paio di anni a limare le incongruenze, e a me pare abbia raggiunto un certo equilibrio, visto che non è certamente insensibile alle insofferenze di parte della popolazione che vede nella tassazione forfettaria, un ingiustificabile regalo ai ricchi, per giunta stranieri. La legge federale, insomma, nel 2012 è stata inasprita.
Possiamo fare anche le barricate per questioni di principio. Però non serve a niente. Sappiamo tutti che, da sempre, ma in particolare da alcuni anni, ci sono parecchi paesi che fanno di tutto per accaparrarsi contribuenti facoltosi, nazioni che stendono tappeti rossi per attirare ricchi da ogni dove, Stati che hanno sviluppato legislazioni ad hoc per non lasciarsi sfuggire la classica gallina dalle uova d’oro. Noi, che godiamo di una posizione di vantaggio, rischiamo di smantellare un sistema che ha già dimostrato ampiamente di funzionare.
Certo, se si parte dal principio luterano che “il denaro è lo sterco del demonio” a cui i laicissimi socialisti sembrano ispirarsi, non andiamo più da nessuna parte. Se, invece, pensiamo al bene dei cittadini, anche e soprattutto quelli più bisognosi, il 30 novembre non possiamo che votare NO. Perché l’equità fiscale si raggiunge anche ridistribuendo a tutti i cittadini somme introitate proprio grazie alla disponibilità economica di persone facoltose.