Molti applausi per Diego Fasolis al Sociale di Como

Dic 10 • Prima Pagina, Sport e Cultura • 304 Views • Commenti disabilitati su Molti applausi per Diego Fasolis al Sociale di Como

Il soggetto della «Iphigénie en Tauride» di Gluck (terza opera rappresentata a Como nella stagione corrente) ridonda di fatti che suggerirebbero una concezione fortemente drammatica: scontro di due civiltà, quella greca e quella degli sciti, interventi di divinità infernali, imposizione alla protagonista di uccidere il fratello, agnizione, allucinazioni. Alla compattezza del libretto giova anche l’assenza totale di una vicenda amorosa, che sarebbe stata spuria e avrebbe diluito senza scopo l’incalzare degli avvenimenti. Impressionante è l’esordio tumultuoso, dominato da una terribile tempesta in cui la furia degli elementi rispecchia il tormento di Ifigenia dopo un sogno inquietante.

Sul piano musicale il discorso va differenziato. Nella scena iniziale l’attività creativa di Gluck tocca un vertice. La musica aggredisce di prepotenza l’ascoltatore con bordate sconvolgenti. Tuttavia, in seguito, passata anche la scena del re Toante in preda al terrore e la condanna a morte di Pilade e Oreste, l’impeto drammatico si attenua. Nei recitativi e nelle arie di Ifigenia prevale l’espressione dei sentimenti e la donna non si profila come autentico personaggio tragico. Certamente ci sono melodie intense e assai belle, però da un personaggio coinvolto in avvenimenti come quelli che investono la protagonista ci si aspetterebbero reazioni più cariche di ardore e slancio come pure, per quanto concerne la musica, una caratterizzazione più marcata.

Nella versione dell’opera vista a Como il 19 novembre è emerso il tentativo, in buona parte riuscito, di ricuperare quella forza e quell’energia che la partitura di Gluck lascia a desiderare. Nella tempesta, Diego Fasolis ha ottenuto dall’Orchestra I pomeriggi musicali e dal Coro Opera Lombardia, istruito da Massimo Fiocchi Malaspina, una prestazione superba. Anche per il resto il lavoro del direttore è stato esemplare, attentissimo a tutti i valori della partitura e capace di infondere vita ed espressione anche a passaggi che sembrano trascurabili. L’impegno per restituire drammaticità allo spettacolo è apparso evidente particolarmente in Oreste, al quale la regia di Emma Dante ha conferito tinte assai forti, agitatissime e al limite della pazzia. Bruno Taddia, l’interprete del personaggio, si è rivelato un cantante di valore e un attore formidabile; ha reso accettabile con la sua bravura anche qualche eccesso registico. Un grande elogio sia detto per Anna Caterina Antonacci, la cui voce ampia, vibrante, solida al centro, capace di assumere tanto timbri scuri quanto tonalità morbide e luminose, è stata uno strumento molto valido per dar vita a un personaggio come quello di Ifigenia, più sfaccettato di quanto suggerisca il lavoro del compositore. Impeccabili Mart Süngü e Michele Patti rispettivamente nei panni di Pilade e Toante. Ma anche tutti gli altri sono stati di un livello superiore a quello solitamente raggiunto da comprimari. Come esempio sia citata Marta Leung, interprete di Diana: grazie a mezzi forti e smaltati e alla bella presenza è riuscita ad attribuire alla dea «da macchina» quella autorità che manca nella scialba pagina musicale scritta dal compositore per il suo intervento.

Le scene di Carmine Maringola, di una moderna semplicità, però con qualche accenno all’antichità classica, si possono qualificare come complessivamente passabili. In merito alla regia, oltre a quanto già detto, osservo che ha svolto un lavoro importante ed efficace nella conduzione dei personaggi; però quelle altalene sulle quali si dilettano Oreste e Pilade in un momento drammaticamente cruciale mi sono sembrate una idea proprio sciocca. Appropriati i costumi di Vanessa Sannino, le luci di Cristian Zucaro e le coreografie di Sandro Campagna.

Pubblico numeroso, considerati i tempi di pandemia, vivissimi i consensi, festeggiati molto lungamente e intensamente tutti gli artefici dello spettacolo.

Grandi programmi a Lucerna

A partire dall’anno prossimo, la Lucerne Festival Orchestra sarà impegnata, non soltanto per il tradizionale Festival estivo, ma anche per un breve Festival primaverile avente, come il fratello maggiore, cadenza annuale. Le prime due edizioni della nuova rassegna metteranno al centro la figura di Mendelssohn e presenteranno non soltanto composizioni sue ma anche lavori creati da musicisti che ebbero relazioni o affinità con lui. Così tra l’8 e il 10 aprile 2022 si potranno ascoltare la terza, quarta e quinta sinfonia unitamente a composizioni di Wagner, Berlioz e Rossini.

Nel Festival estivo l’Orchestra del Festival stesso oppure suoi membri saranno presenti in cinque concerti. Il primo si terrà il 12 agosto, naturalmente sotto la direzione di Riccardo Chailly. Comprenderà una nuova composizione di Rihm per celebrare il suo settantesimo compleanno, il concerto per violino e orchestra in la maggiore di Saint-Georges (come solista suonerà Anne-Sophie Mutter) e la prima sinfonia di Mahler. Una menzione particolare merita poi il concerto del 17 agosto, dedicato interamente a Rachmaninoff, del quale saranno eseguiti il secondo concerto per pianoforte e orchestra e la seconda sinfonia. Viene in tal modo continuato il ciclo, che prese avvio nel 2019, dedicato al compositore russo.

Per il resto il Lucerne festival estivo, oltre a un gruppo impressionante di grandi orchestre (ospiterà ventidue complessi nel giro di un mese), offrirà una imponente varietà di manifestazioni, con un occhio particolarmente attento sulla musica contemporanea e sui giovani.

 

Carlo Rezzonico

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