Ma a noi importa ancora della famiglia?
Sono a dir poco contradditori i segnali che il cittadino ticinese ha ricevuto dal nostro Gran Consiglio.
Perlomeno si fatica a capire in quale direzione ci sia volontà di andare per fare in modo che un’istituzione così importante come quella della famiglia non vada a imboccare, allo sbando, una stradina sempre più contorta e difficile da percorrere.
Nel momento in cui tutti, o quasi, sono concordi nell’affermare che è proprio il nucleo familiare unito e sano, laddove ci si assume con coscienza l’impegno di crescere i figli nel modo più impegnato, il luogo più indicato e meno problematico per uno sviluppo armonioso dei figli, il Parlamento cantonale va in evidente conflitto con queste affermazioni. Si decide di rispedire al mittente un’iniziativa parlamentare di Sergio Morisoli (e di altri cofirmatari) che si prefiggeva nulla più che di trovare degli strumenti per eliminare una evidente disuguaglianza di trattamento.
Perché si rinuncia allora a gratificare la famiglia che decide di crescere in casa i propri figli, non dico avvantaggiandola, ma almeno evitando di discriminarla nei confronti del genitore che delega a terzi questo compito? Oggi il Parlamento, o meglio la sua maggioranza, ha deciso proprio così, mandando in confusione i genitori che pensavano di fare cosa buona e giusta nell’assumersi pienamente il loro dovere di educatore.
A loro si dice: “se mandi i figli all’asilo nido, dal doppio salario dichiarato che hai deciso di guadagnare, puoi procedere ad una deduzione, se invece hai deciso di restare a casa ad accudire i tuoi figli, non solo avrai rinunciato ad un salario supplementare, ma dal solo salario che ti resta da dichiarare, non potrai dedurre alcunché (a parte ovviamente le solite deduzioni per figli a carico), visto che la legge non ti riconosce nessuna spesa supplementare.
Cosa c’entri ciò con la promozione della donna in burqa e dietro i fornelli, ce lo dovrà meglio spiegare la deputata Delcò-Petralli!
Mi rifiuto di pensare che il solo modello credibile, oggi, sia quello di mettere al primo posto dei valori di cui ognuno di noi dovrebbe dare testimonianza, sempre e solo il massimo profitto e il lauto guadagno.
Ma se tutte le statistiche dicono che la famiglia è in crisi, siamo proprio sicuri che la ricetta corretta per migliorarla sia quella delle sole deduzioni per chi affida a terzi la cura dei figli: a me non sembra che dall’introduzione di questo principio nel 2009, il trend sia in qualche modo migliorato!? Anzi, le cifre dicono il contrario.
Se oggi è ormai tardi per sostenere la proposta fatta da Sergio Morisoli e bocciata ieri dal Parlamento cantonale, perlomeno possiamo tutti adoperarci per fare in modo che l’iniziativa lanciata dall’Unione Democratica di Centro svizzera, denominata “Iniziativa a favore delle famiglie” possa avere miglior successo in occasione della votazione prevista per il 24 novembre prossimo.
Abbiamo sufficiente tempo per riflettere su quale modello ci sembra che possa essere più ragionevolmente a favore di un Istituto Famiglia che funzioni e che dia il giusto riconoscimento a chi per questo modello ci mette il proprio impegno ed effettua le proprie rinunce. Non si tratta qui di combattere gli sgravi in favore di chi ha deciso per un altro modello, ma il Popolo svizzero deve avere il coraggio di dire chiaramente che anche una forma più tradizionale di famiglia ha la sua dignità e merita il sostegno dello Stato. Lo Stato non può limitarsi a prediligere e discriminare un modello piuttosto che l’altro.
Il mio invito è quindi quello di votare SÌ all’iniziativa a favore delle famiglie, dando al Parlamento la legittimazione necessaria per rimettere la famiglia di nuovo al centro delle attenzioni di una politica che non può ignorarne l’importanza per il futuro del Paese.
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