Lucerne Festival all’insegna della diversità
Spazio musicale
Il Lucerne Festival adotta ogni anno un tema e allestisce il programma dando la preferenza a composizioni che in qualche modo lo concernono. Per l’edizione 2022 la scelta è caduta sull’argomento «diversità». Quando lo seppi pensai che si intendesse mettere un accento sull’evoluzione rapida della musica europea e sulla grande varietà di tendenze e stili che si sono susseguiti a ritmo serrato.
Consideriamo il divario tra le tecniche, i concetti estetici e i contenuti delle composizioni di Bach rispetto a quelli dei romantici, venuti solo un secolo più tardi. Oppure riflettiamo sul fatto che tra due compositori operanti su posizioni e con idee totalmente contrastanti come Rossini e Wagner sia passata solo una quarantina d’anni.
Cambiamenti radicali avvengono anche nel corso dell’attività produttiva di singoli compositori. Una differenza enorme esiste tra i lavori giovanili di Haydn e le ultime sinfonie. Di grande portata risulta l’arco creativo di Verdi se confrontiamo i melodrammi dei cosiddetti «anni di galera» con le ultime due opere: nei primi dominavano in gran parte accompagnamenti ritmico-armonici rudimentali, nelle seconde troviamo raffinatissimi tessuti orchestrali. Al riguardo cito come esempio di straordinaria originalità e qualità l’armonizzazione dei rintocchi di mezzanotte, prima della tregenda, nel «Falstaff». Interessante è anche osservare il fenomeno nell’ambito della medesima opera. Tra il «Simon Boccanegra» di Venezia e quello di Milano intercorrono ventiquattro anni ma veniamo a trovarci in presenza di due mondi assai diversi.
Ecco: a tal genere di evoluzioni mi aveva fatto pensare la parola «diversità» posta in testa al programma del festival lucernese di quest’anno. Ma ho dovuto costatare che i responsabili della manifestazione si sono spinti molto più in là. Qui conviene tradurre quanto si dice in un comunicato stampa: «Questo tema, che è riflesso nel programma artistico, tratterà questioni sociali del nostro tempo: quale ruolo svolgono gender, orientamento sessuale oppure aspetti etnici in campo musicale? Pertanto, la prossima estate si presterà una attenzione speciale alle popolazioni di colore, alle minoranze etniche che sono sottorappresentate nell’industria. Ma il principio della diversità determina anche il repertorio che si potrà ascoltare nei concerti estivi: si presenteranno lavori che al loro interno hanno sfaccettature diverse o pluralità di stili, per esempio incorporando influenze della musica popolare o del jazz, di altre epoche o perfino della natura.»
Davvero un bel fardello. Con ciò il Festival si reca su una china insidiosa. In primo luogo, corre il rischio di chiedere alla musica più di quanto possa dare. Con i suoni è possibile esprimere sentimenti e passioni con grande intensità ed efficacia. Ma i problemi filosofici, politici, economici e sociali dovrebbero essere riservati alla precisione e alla duttilità delle parole. Mi domando come sia possibile affrontare passabilmente con la musica la questione dell’asserita sottorappresentanza di minoranze etniche nell’industria. In secondo luogo, è giusto cercare vie inconsuete nella programmazione con lo scopo di raggiungere una larga parte della popolazione. Inoltre, capolavori possono nascere anche nell’ambito di generi musicali attualmente negletti o disprezzati. Forse già esistono capolavori siffatti ma non ce ne accorgiamo; se ne accorgeranno magari, e rideranno di noi, le generazioni future. Tuttavia, bisogna stare attenti a non accettare cose nuove o diverse semplicemente perché sono nuove o diverse. Da certe tendenze del mondo d’oggi, che rappresentano solo mode e quindi sono effimere, conviene stare alla larga. D’altra parte, bisogna evitare che una attenzione e uno spazio eccessivi dedicati a espressioni anticonformiste o provenienti da altri continenti releghino in secondo piano quella tradizione di musica da camera, sinfonica e operistica nonché quel gusto per l’equilibrio e il decoro che costituiscono una nostra identità preziosa.
La rassegna inizierà il 9 agosto e finirà l’11 settembre. In poco più di un mese sarà possibile ascoltare, oltre all’orchestra del Festival stesso diretta da Riccardo Chailly e Jakub Hrusa, diciotto complessi tra i più famosi del mondo. Come sempre ci saranno i filarmonici di Berlino e di Vienna. Ma daranno prestigio alla manifestazione anche la Cleveland Orchestra e la Philadelphia Orchestra. Si deve dunque riconoscere che gli organizzatori, pur guardando a traguardi inconsueti, hanno tenuto in onore la tradizione e meritano elogio. Quanto alle cose diverse, staremo a vedere.
Musica nel Mendrisiotto
Nel panorama delle stagioni concertistiche ticinesi, quella di Musica nel Mendrisiotto si è distinta, fin dagli inizi, per caratteristiche proprie. Concede spazio a manifestazioni di tipo tradizionale ma non esita a presentare formazioni particolari, che solo raramente è dato ascoltare, e fa largo anche a qualche escursione nel campo delle trascrizioni e della musica di intrattenimento. Nel programma concernente la prima parte della stagione 2022 appaiono un concerto del pianista Antonio Di Cristofano il 24 aprile (Chopin, Brahms, Rachmaninov), uno della flautista Luisa Sello con il violoncellista Claude Hauri e il pianista Corrado Greco il 1° maggio (Haydn, Kuhlau, Hummel) e uno dell’Ensemble Ellipsis il 29 maggio (Haydn, Mozart). Accanto a questi appuntamenti, che accontenteranno il pubblico più tradizionale, ce ne sono altri di musica per pianoforte a quattro mani, per violino, violoncello e fisarmonica, per bandoneon e pianoforte e così via. In generale, rispetto ai programmi delle edizioni precedenti, mi sembra di notare un certo spostamento del centro di gravità dalla musica classica a quella, per così dire, più eccentrica.
Carlo Rezzonico
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