L’oasi felice UE
Da Animali e animali it 29 maggio 2015
Non bastano i regolamenti, le direttive, a volte nemmeno incentivi o sgravi. A fare la differenza, come sempre, sono le persone. Non ci stupisce quindi questa notizia che riportiamo da Rinnovabili.it, secondo cui due terzi dei Paesi dell’Unione non stanno rispettando i programmi sull’efficienza energetica. Serve cultura, formazione, condivisione per cambiare le cose.
Secondo un articolo apparso su EurActiv, più di due terzi dei Paesi dell’Unione andranno incontro a procedure di infrazione per non aver recepito, parzialmente o totalmente, la direttiva sull’efficienza energetica (Dir. 2012/27/CE).
Per la precisione sono 19 gli Stati membri che hanno sforato la scadenza da più di nove mesi, nonostante i loro leader, in occasione del vertice della scorsa settimana, abbiano chiesto la piena attuazione e la rigorosa applicazione delle leggi di efficienza esistenti come parte del progetto di punta dell’Unione dell’Energia.
Solo nove Paesi – spiegano fonti comunitarie – dichiarano di aver recepito la direttiva nei rispettivi ordinamenti. La lista dei cattivi si compone invece di 16 governi che non hanno pienamente recepito la direttiva e tre che se ne sono del tutto infischiati e non hanno fatto alcun progresso.
I nomi degli Stati da mettere dietro la lavagna non sono stati fatti, ma i funzionari raccomandano di restare con le antenne dritte perché presto sarà un fiorire di procedure di infrazione che porteranno allo scoperto i morosi.
Italia, Malta, Cipro e Svezia hanno dichiarato di aver pienamente recepito le regole al momento del 5 giugno 2014 termine. Per ora i procedimenti contro la Grecia, il Portogallo e la Slovenia una ricezione solo parziale della normativa sono stati avviati il mese scorso. A novembre, invece Bulgaria e Ungheria hanno ricevuto il richiamo dell’esecutivo europeo, l’ultimo passo prima della messa in mora.
Un’analisi della Coalition for Energy Savings, pubblicata il 16 marzo, ha rilevato che la maggior parte degli Stati membri non ha presentato piani credibili per rispettare i requisiti della direttiva, che chiede di risparmiare almeno l’1,5% degli usi finali di energia l’anno. Gli unici ad aver convinto Bruxelles sarebbero Danimarca e Irlanda.
Da Associazione dei comuni virtuosi 29/5/2015
L’Unione europea spende miliardi di euro nel Nord Africa e altri Paesi da dove partono i clandestini, ma molti di questi soldi vanno a finire in fumo.
In Egitto almeno un miliardo di euro non è servito a raggiungere gli obiettivi prefissi, come la lotta alla corruzione, secondo la Corte europea che controlla le spese di Bruxelles.
Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere che dovrebbe prevenire gli sbarchi, ha un budget di 82 milioni di euro, ma ben 20 servono per gli stipendi.
I soldi stanziati per lo sviluppo, la transizione alla democrazia e gli aiuti umanitari nei Paesi sull’altra sponda del Mediterraneo, da dove partono i clandestini, sono tanti ma non servono a sconfiggere il fenomeno.
Dal 2007 la UE ha sborsato 5 miliardi di euro per l’Egitto. Peccato che un miliardo sia stato praticamente buttato al vento. «La lotta alla corruzione, obiettivo dello stanziamento, pari all’aumento di un punto dell’IVA, è stata un fallimento» rivela l’europarlamentare.
Lo sostiene nero su bianco la Corte europea del Lussemburgo, che controlla l’utilizzo dei fondi, nel suo rapporto pubblicato lo scorso giugno. Un altro scandalo riguarda il Congo dove Bruxelles ha investito 1,9 miliardi di euro. Oltre la metà dei progetti finanziati non hanno raggiunto i risultati previsti. Si calcola che pure in questo caso sia stato mal speso un miliardo di euro.
Nei Paesi direttamente collegati all’immigrazione illegale come la Libia abbiamo stanziato 100 milioni di euro e per la Tunisia sono stati investiti 540 milioni di euro. In Nigeria, nonostante sia il primo paese africano produttore di petrolio, la UE ha stanziato 667 milioni di euro.
Per la Siria stiamo parlando di 265 milioni di euro. Altri 300 vanno ai palestinesi, ma la commissione bilancio ne ha «congelata» una parte per il timore che finisca nelle tasche dei terroristi. Entro la seconda settimana di ottobre il Parlamento europeo dovrà votare il budget per il 2014.
Non solo: l’Europa spende ancora 30 milioni di euro per Cuba e alla Somalia, da dove sono arrivati gran parte dei profughi annegati, a Lampedusa, sono andati 70 milioni. Non molti per risollevare un paese in preda all’anarchia da vent’anni. «Con gli euro buttati al vento potevamo comprare delle navi per i migranti evitando i viaggi sui barconi. Non possono morire a un miglio da Lampedusa… non devono neppure arrivarci» dichiara De Martini europarlamentare «a bordo delle navi dovrebbero esserci funzionari europei e delle Nazioni Unite per stabilire chi ha diritto all’asilo, chi è un criminale e va rispedito indietro e chi vuole andare in altri paesi, come la Germania. Così li consegniamo a Berlino. Anche questo significa Europa unita».
IL ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha dichiarato: «Frontex è un sistema di protezione europea inefficace. Gli aerei e i militari dell’agenzia devono vigilare sul Mediterraneo». Dal quartier generale di Varsavia la portavoce di Frontex, Izabella Cooper, sottolinea che in Italia sono in corso due operazioni per un totale di 6 milioni e mezzo di euro. Ma non basta. La stessa Cooper ammette che il nostro Paese «è quello che si trova sotto la maggiore pressione migratoria.
Dall’inizio dell’anno più di 31mila immigrati sono arrivati nella UE attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, che include la Sicilia, le Isole Pelagie, le coste della Puglia e della Calabria e, in misura minore, Malta».
In un’interrogazione a Strasburgo presentata da De Martini si chiede perchè «Frontex non sia stata in grado di prevenire tragedie» come quella di Lampedusa. Dalla Commissione europea si vuole sapere «come si intende ridurre il flusso di migranti illegali verso i confini della UE». E si chiede di spiegare perchè «i fondi sprecati per finanziare il terrorismo o paesi falliti non sono stati utilizzati per prevenire gli ingressi illegali in Europa». Da International Web Post. Luca Frongia
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