L’era degli allarmismi
Epidemia: Diffusione rapida, in una zona più o meno vasta, di una malattia contagiosa.
Pandemia: Epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti.
Isterismo: Eccitazione nervosa che porta a reazioni emotive incontrollate ed esasperate.
È sconcertante il piede che hanno preso gli allarmismi da quando l’accesso a Internet è diventato di utilizzo quotidiano. La fine del mondo è dietro l’angolo a causa dell’inquinamento atmosferico, delle emissioni di CO2, delle centrali atomiche, delle abitudini alimentari, eccetera, rispettivamente è per domani (o anche già stanotte) se non ci spostiamo rigorosamente a piedi, se non impariamo a sopportare il freddo rinunciando a riscaldamenti funzionanti a energie non rinnovabili, se non diventiamo tutti vegani, e così via. L’autoflagellazione è il leitmotiv di tutte le espressioni di questa demenziale tendenza: l’umano è un mascalzone, irresponsabile, causa di tutti i mali. Secondo me, invece, è solo scemo (con qualche eccezione, ovviamente). Infatti, come definire altrimenti quelli che abboccano a qualsiasi notizia pubblicata da media sempre alla ricerca di scoop che ne aumentino la tiratura – e oggi le condivisioni e i like su Facebook – e che hanno scoperto come la demenza popolare (quella sì che sembra essere contagiosa) si alimenti a crepapelle di allarmismi. E che arrivano addirittura a pretendere arrogantemente di imporre quelle che credono essere norme di vita spontaneamente adottate, mentre in realtà sono loro state inculcate astutamente da lobbies cui dell’avvenire del pianeta non potrebbe fregare di meno. Sto parlando dei vari gruppi industriali che mirano alla vendita dei propri prodotti, siano essi vetture elettriche, pannelli solari, impianti eolici, alimenti biologici o quant’altro.
L’avvento di Internet, rispettivamente dei social media, ha moltiplicato esponenzialmente la diffusione di questi allarmismi. E ognuno vuol dire la sua, a partire da chi imperversa su Facebook con affermazioni demenziali e rivendicazioni ancora più assurde, a politici che cavalcano l’isterismo generale con atti parlamentari non tanto diretti all’autorità competente alla quale sono formalmente indirizzati, quanto al pubblico il cui consenso è suscettibile di trasformarsi in preziosi voti.
È stato così con l’onda ecologista che è stata cavalcata con successo dai rossoverdi in occasione delle ultime elezioni federali, sta succedendo adesso con il Coronavirus in vista delle comunali. L’obiettivo è più basso, ma l’isterismo del momento non è inferiore.
Fino a prova contraria, si tratta di un virus della stessa famiglia della SARS che nel 2002/2003 infettò circa 8’000 persone in 17 paesi (dati Wikipedia), praticamente una forma particolarmente aggressiva di influenza che sicuramente non va presa alla leggera, ma che, altrettanto certamente, non giustifica l’isterismo generalizzato che s’è venuto a creare.
Nel 1918 ci fu la «spagnola» che, con i suoi almeno 25 milioni di vittime (ma c’è chi parla di 50 fino a 100 milioni) può a giusta ragione essere chiamata epidemia e/o pandemia. Se si pensa che a quei tempi la popolazione mondiale era attorno ai 2 miliardi, 25 milioni rappresentano pur sempre l’1,25%. Ci fu poi l’«asiatica» che, alla fine degli anni ’50, provocò 2 milioni di morti i quali, rispetto alla popolazione del pianeta cresciuta nel frattempo a circa 3 miliardi, rappresentavano circa lo 0,066%. Nel 1962, la «Hong Kong» mieté 750’000 vite, lo 0,025%. Attualmente il nuovo Coronavirus ha infettato (non ancora ucciso!) 79’000 persone, pari allo 0,001% della popolazione mondiale, salita ormai a oltre 7,7 miliardi. Beh, se accetto il termine di pandemia per la «spagnola» e per l’«asiatica», al limite anche per la «Hong Kong», mi riesce veramente difficile accettare la stessa definizione per l’odierno Coronavirus, perlomeno non allo stadio attuale. Ciò non significa, naturalmente, che le autorità debbano prendere sotto gamba il problema – sono lì anche per quello e sono peraltro sicuro che non lo facciano – ma da lì a pretendere di chiudere le frontiere, isolare chiunque abbia la sfortuna di farsi beccare a starnutire, pretendere dalle autorità informazioni che, se si legge fra le righe, si auspicano essere non tanto tranquillizzanti, quanto piuttosto di conferma degli scenari più apocalittici … ce ne passa. La mia impressione è proprio che certa gente – perlomeno una gran parte di coloro che si abbuffano acriticamente di notizie trovate nella rete – voglia vedere confermato il proprio catastrofismo. E certi politici, soprattutto se a caccia di voti, danno purtroppo loro ciò che desiderano, ossia un’immeritata eco alle loro fisime. Come fornire di randelli i cacciatori di untori.
Un’osservazione finale: è poi da notare che molti isterici leoni della tastiera, dopo aver auspicato le più drastiche misure di prevenzione, postano sui social media le foto testimonianti la loro presenza a manifestazioni di massa (certamente fra le più suscettibili di essere veicolo di contagio) quali i vari carnevali o le partite di Hockey su ghiaccio. Che peraltro il Consiglio di Stato ha nel frattempo vietato o resi inaccessibili al pubblico, secondo me per puro timore di ingiustificate pressioni popolari strumentalizzate da politici in campagna elettorale . Ma la coerenza non sembra essere di questo mondo.
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