L’arma delle informazioni monche e tendenziose

Set 18 • L'editoriale, Prima Pagina • 379 Views • Commenti disabilitati su L’arma delle informazioni monche e tendenziose

Eros N. Mellini

Con questa campagna di voto contro l’iniziativa per la limitazione, il fronte dei contrari – governo, partiti di sinistra (PLR e PPD compresi), media, associazioni economiche, sindacati, in altre parole il fronte anti-UDC – utilizza la mala informazione in misura inversamente proporzionale a quella degli argomenti concreti di cui dispone. L’iniziativa, per gli organizzatori di questo “Festival della malafede”, ha essenzialmente due peccati originali: è dell’UDC e fa arrabbiare l’UE. Ovviamente, non sono due argomenti convincenti – il primo è addirittura inconfessabile, il secondo sventolabile invece con una certa convinzione da chi ha il terrore che “cadrebbero i bilaterali – su cui basare una campagna di voto. Ma – si ha un bel grattare il fondo del barile – di argomenti pesanti e inoppugnabili non se ne trovano, non esistono. Una valanga di parole, quelle sì, per dire che “potrebbe succedere…”, “c’è il rischio che…”, “se l’UE facesse…”, il tutto rigorosamente al condizionale, perché di sicuro non hanno in mano niente, salvo forse (ma solo per alcuni) un terrore, peraltro del tutto irrazionale, di subire chissà quali ritorsioni da parte dell’UE.

Al contrario, gli argomenti dei favorevoli all’iniziativa sono ben chiari e concreti: un milione di immigranti negli ultimi 12 anni, con equivalente aumento demografico, strade intasate e treni sovraffollati, cementificazione selvaggia e aumento dei costi dell’alloggio che obbliga i meno abbienti a spostare il loro domicilio nelle periferie o addirittura in campagna, con relativo aumento del traffico dovuto al neo-pendolarismo, dumping salariale e estromissione dal mercato del lavoro da parte di manodopera estera giovane e a buon mercato: tutti argomenti inconfutabili, sotto gli occhi di tutti. Ma sono cavalcati dall’UDC e non piacciono all’UE quindi, nonostante l’inoppugnabilità (o forse proprio per questa) bisogna trovare il modo di contrastare l’iniziativa con altri metodi. E uno di questi è la diffusione di mezze verità, di informazioni monche nelle quali si tacciono i punti controproducenti, o addirittura informazioni false.

Così, la Berna federale dice che, nel 2007, la popolazione residente straniera era di 1’554’527 unità, contro le 2’126’392 del 2018, quindi con un  saldo di “sole” 571’865 unità e non il preteso milione. E agli avversari non par vero di poter dire – con una certa superficialità, evidentemente, ma l’importante non è la correttezza dei dati – che l’UDC mente, spara cifre fasulle e che gli immigrati sono meno della metà. Ma il dato oggettivo è quello della popolazione residente (straniera o svizzera che sia) che, dalle 7’593’494 unità del 2007, è passata alle 8’606’033 del 31.12.2019 (cifre dell’UFS), il che porta a un saldo di 1’012’421 unità. L’affermazione precedente, seppure vera di per sé stessa, dimentica che nello stesso periodo, ben 519’612 persone, grazie ad altrettante naturalizzazioni, sono passate statisticamente nella popolazione svizzera, il che riporta a poco oltre il milione l’aumento della popolazione globale, a seguito prevalentemente dell’immigrazione. Perché il milione rimane lì e se, come detto, il bilancio demografico indigeno è pari a zero o addirittura deficitario, qualcuno deve dimostrarmi – pur con riserva semmai di qualche cifra di dettaglio inerente a Svizzeri che rientrano in patria o ad altri fattori poco rilevanti – come le cifre tendenziose portate dagli avversari possano essere la metà dell’unico dato oggettivo e inoppugnabile: la crescita della popolazione globale di oltre un milione di unità in 12 anni.

Un altro esempio di questo subdolo modo d’insinuare false informazioni senza peraltro allontanarsi troppo dalla verità, l’ho trovato in un recente comunicato della Camera di Commercio del Cantone Ticino, nel quale si afferma: “…all’iniziativa “sull’immigrazione moderata” in votazione il prossimo 27 settembre e che di fatto chiede la disdetta degli accordi bilaterali fra Svizzera e Unione europea (UE). L’accettazione dell’iniziativa comporterebbe infatti questo effetto automatico in virtù della clausola ghigliottina. La Svizzera non può permettersi la caduta di tutti questi accordi di vitale importanza per la nostra economia, soprattutto in un periodo di incertezza come quello attuale.”

Innanzitutto, si afferma che l’iniziativa chiede la disdetta degli accordi bilaterali – dando per scontato  che la clausola ghigliottina sarebbe messa sicuramente in atto – mentre in verità chiede la rescissione del solo accordo sulla libera circolazione delle persone. In secondo luogo, se anche l’UE decidesse di applicare rigorosamente la clausola ghigliottina, questa farebbe saltare solo gli altri 6 accordi del pacchetto di bilaterali I (Ostacoli tecnici al commercio, appalti pubblici, agricoltura, trasporti terrestri, trasporto aereo e ricerca) sugli oltre 120 accordi che la Svizzera ha in essere. Terzo, che questi 6 accordi siano di vitale importanza per la Svizzera è una bufala colossale. Infatti, un recente studio dell’istituto European Economics, ha dimostrato che dei sette accordi del pacchetto di bilaterali I, solo due sono di qualche interesse per la Svizzera, ossia quello sugli ostacoli tecnici al commercio e quello sul trasporto aereo. Gli altri, secondo lo studio, non hanno un effetto economico quantificabile. Questo effetto economico è invece riscontrabile nell’accordo di libera circolazione delle persone ma – udite, udite – a netto svantaggio della Svizzera. Se i primi due accordi portano a un aumento del PIL pro capite da 80 a 160 franchi il primo e di 80 franchi il secondo, quello di libera circolazione delle persone fa invece registrare un deficit di 560 franchi. Il saldo negativo dei Bilaterali I per la Svizzera è quindi di -320/-400 franchi sul PIL pro capite, che è poi quello che rimane in tasca al singolo cittadino. Dice lo studio: “Senza l’immigrazione, oggi i salari sarebbero dal 3,5 al 3,7% più alti”. Ma questi accordi, secondo la Camera di commercio, sarebbero di vitale importanza.

“Immaginare che un nuovo negoziato con l’UE sia facile, è un’illusione”. Ancora una volta, non si dice apertamente che un nuovo negoziato sia escluso – sarebbe azzardato, qualora l’iniziativa venisse, accettata qualcuno si potrebbe ricordarsi di questa affermazione – no, meglio lasciarlo leggere fra le righe dicendo che non ci si deve illudere che sia facile. Ma chi ha mai detto il contrario? Resta il fatto che le probabilità che l’UE rinunci alla libera circolazione pur di salvare altri accordi di suo esclusivo interesse (per esempio i trasporti terrestri), è più verosimile di quella di un’UE che s’impunta a muso duro su una posizione in cui ha parecchio da perdere. E, come dimostrato dallo studio di European Economics, se anche dovessimo andare incontro a qualche difficoltà con la caduta degli altri sei accordi, queste sarebbero ampiamente compensate dal vantaggio che la rescissione dell’accordo di libera circolazione delle persone ci procurerebbe.

Ciò che lascia perplessi è che di prove di questo scorretto modo di fare campagna di voto, non mancano gli esempi in un passato recente: Schengen/Dublino e il suo costo annunciato di qualche decina di milioni, diventate poi centinaia, di franchi. L’accordo di libera circolazione delle persone che ci avrebbe portato al massimo 8 o 10’000 immigranti in più l’anno, diventati poi 60, 70 e anche 80’000. Tanto per citarne due. Eppure, c’è sempre una gran quantità di cittadini che abboccano come cavedani e, purtroppo, in un regime di democrazia diretta, anche il voto dei cavedani conta.

 

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