Julia Fischer magistrale nel concerto di Britten al LAC

Apr 20 • Prima Pagina, Sport e Cultura • 1514 Views • Commenti disabilitati su Julia Fischer magistrale nel concerto di Britten al LAC

Spazio musicale

Il concerto per violino e orchestra op. 15 di Britten fu eseguito la prima volta a New York nel 1940, quando il compositore aveva ventisette anni e non si era ancora cimentato con il genere – quello operistico – in cui avrebbe conseguito i successi più significativi. Benchè si tratti di un lavoro relativamente giovanile e vi appaia a tratti una esuberanza virtuosistica incontrollata, la composizione manifesta in molte parti una notevole e talvolta impressionante profondità di sentimento.

Nel primo tempo si possono rintracciare tre elementi: una immensa tristezza, come nella melodia lamentosa portata dal solista dopo le battute introduttive, una rabbiosa reazione ai dolori che si manifesta nei numerosi passaggi virtuosistici e infine, qua e là, sorprendenti e contrastanti notazioni satiriche. Queste non di rado interferiscono negli altri due aspetti: per esempio il curioso inciso ritmico che appare nei timpani all’inizio viene ripreso dal fagotto mentre il solista è impegnato nelle lunghe volute della desolata melodia alla quale ho accennato sopra e sembra volerla motteggiare. Il tempo termina “morendo” in quella che si potrebbe chiamare un’estasi amara. Il “vivace” che fa seguito prende avvio in un modo singolare: c’è una scala ascendente in crescendo dei primi violini e dei violoncelli cui rispondono secchi accordi a terze del solista e pare che alle velleità dei primi i secondi oppongano un deciso rifiuto. Questa parte della composizione allinea spunti al tempo stesso mordenti e raffinati, non senza qualche passeggera apertura melodica, e sfocia in una cadenza irta di funambolismi sonori ma artisticamente poco convincente. Tanto più netto è il contrasto con l’”andante lento” finale, una passacaglia, la quale invece assume subito toni accigliati e induce a severe riflessioni. Il tema è portato solennemente dai tromboni, poi passa ad altri strumenti finché il solista entra con espressioni inquiete che più avanti diventano, in un crescendo di affanni, lacerazioni e disperazione. Tutto si placa con il “lento e solenne”, ma per far posto a un senso di morte, dove il violino interviene continuamente a note ribattute, come se nel tormento della fine balbettasse, e gli accordi dell’orchestra, in questo punto con la partecipazione dell’arpa, scandiscono un ritmo impietoso. L’episodio si esaurisce in un “pianissimo” (tre “p”) che si perde nel silenzio.

Julia Fischer, artista residente di lusso nella stagione corrente al LAC, è stata, il 28 marzo, una interprete magistrale del concerto. Le sue straordinarie capacità si sono manifestate tanto sul piano dell’agilità (nessuna delle numerosissime difficoltà di cui la composizione è ricca ha costituito un problema per lei), quanto su quello della cavata (intensa e luminosa: bravissima è stata la violinista, tra l’altro, nel ricavare vere e proprie scintille sonore dallo strumento) e infine su quello dell’espressione (grande fraseggiatrice e impeccabile nel far emergere i sentimenti contrastanti, a volte riflessivi, altre volte lirici e altre volte ancora satirici del concerto). A proposito dei passaggi satirici un momento particolare si è avuto nel primo tempo, quando la composizione, invertendo i ruoli rispetto all’inizio, affida la melodia dolente agli archi dell’orchestra mentre il violino solista esegue incisi a corde doppie che riprendono la cellula ritmica iniziale dei timpani: ebbene quegli incisi sono usciti dalle mani della Fischer in modo straordinario per la loro perfezione tecnica, la loro implacabile secchezza e soprattutto per il loro carattere pungente e sferzante, vere e proprie schegge sonore opposte severo melodizzare dei violini e delle viole.

Prima del concerto di Britten il direttore Juanjo Mena e la BBC Philharmonic hanno suonato l’ouverture dell’”Euryanthe” di Weber, dandone una versione alquanto fragorosa, con grandi bordate degli ottoni; ma le passioni romantiche si esprimono diversamente da superficiali produzioni di decibel.

Ha completato la serata la quarta sinfonia di Cajkovskij. Nell’interpretazione dei primi due tempi ho rintracciato solo in parte i complessi contenuti di questo lavoro (per citare un caso non ho percepito, nel primo tempo, quando prende avvio il “moderato con anima”, quel corrosivo senso di inquietudine e disagio che fa seguito al devastante tema del destino). D’altra parte merita apprezzamento l’ottima prestazione degli archi nei pizzicati dello scherzo, che sono stati incisivi e scattanti. Quanto all’”allegro con fuoco” conclusivo, dove la predilezione del direttore per le esplosioni sonore si è fatta di nuovo notare in modo assai muscoloso, si può dire che ha permesso all’orchestra di mettere a profitto la sua ammirevole solidità e compattezza. Ho ammirato in modo speciale l’elevata qualità dei violini.

Il pubblico, foltissimo, ha calorosamente festeggiato la Fischer, il Mena e l’orchestra.

Novità verdiane

Da Parma giungono notizie che interessano tutte le persone attente al mondo operistico. In particolare è stata comunicata l’intenzione di completare l’insieme delle edizioni critiche delle opere verdiane. Ritrascrivo il passaggio relativo del comunicato stampa: “La Fondazione

Teatro Regio di Parma costituisce il Comitato Scientifico per il Festival Verdi, quale organo consultivo che riunisce personalità di spicco nel mondo degli studi verdiani in Italia e all’estero, con il proposito di fornire una piattaforma di consulenza e dialogo tra l’ambito della ricerca musicologica e quello finalizzato alla produzione ed esecuzione di composizioni verdiane al Festival Verdi. Il Comitato supporterà le scelte di programmazione all’interno del vasto repertorio verdiano, con scrupolo filologico, attraverso l’adozione di edizioni critiche ove già esistenti e la promozione, d’intesa con Casa Ricordi, di nuove edizioni critiche per i titoli che ad oggi non ne sono dotati. Primo segnale di questo nuovo indirizzo è l’adozione delle edizioni critiche per tre delle quattro opere in programma quest’anno, di cui una in fase di completamento, che sarà eseguita in prima assoluta.”

Un’altra novità consiste in due riconoscimenti per il Festival Verdi da parte delle International Opera Awards: miglior Festival e miglior nuovo allestimento con “Giovanna d’Arco” del Festival 2016 (spettacolo sul quale ho riferito a suo tempo su questo giornale). I vincitori saranno annunciati il 7 maggio a Londra.

Per quanto riguarda l’edizione 2017 del Festival, che si svolgerà dal 28 settembre al 22 ottobre, sono previsti “Jérusalem” (al Teatro Regio), “La traviata” (a Busseto), “Stiffelio” (al Teatro Farnese), “Falstaff” (al Teatro Regio) e la Messa da Requiem (al Teatro Regio) oltre a un ricco contorno di varie manifestazioni. Regista di “Jérusalem” sarà Hugo De Ana e dello “Stiffelio” Graham Vick. L’aver affidato alcuni spettacoli a registi di grande fama internazionale che seguono le mode attuali può forse rappresentare un motivo di richiamo per le persone che si interessano soprattutto o esclusivamente della parte visiva dei melodrammi. Meno lieti saranno coloro che in un Festival Verdi vorrebbero trovare Verdi in primo piano. Si tratta di una china pericolosa anche perchè porta all’estremo la contraddizione tra due tendenze opposte del nostro tempo: sul piano musicale una ricerca diligentissima dell’originale e la preparazione scrupolosa di edizioni critiche, sul piano visivo nessun limite alle licenze e alla negazione dell’originale. Credo che Graham Vick non mancherà di distinguersi anche a Parma. Nello “Stiffelio”, dice il comunicato stampa del Teatro, “il pubblico assisterà allo spettacolo in piedi, muovendosi liberamente all’interno dello spazio scenico, determinando così il proprio punto di vista e di ascolto dell’opera” (sic).

 

Carlo Rezzonico

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