Il viscido agire di un Consiglio federale indegno della sua funzione

Ott 8 • Dalla Svizzera, L'editoriale • 3579 Views • Commenti disabilitati su Il viscido agire di un Consiglio federale indegno della sua funzione

Eros N. Mellini

Eros N. Mellini

Era una delle opzioni, lo si sapeva, e si sapeva pure che Berna – con la modifica della legge sull’asilo approvata lo scorso giugno – poteva decidere senza l’accordo dei comuni e dei cantoni interessati. Potere non significa comunque dovere, e in un sistema federalista come il nostro era sperabile che la premiata Banda Bassotti federale, al secolo Simonetta Sommaruga & Co., ci pensasse bene prima di agire in modo così palesemente contrario alla volontà dei comuni della regione e del cantone, nonché e soprattutto della popolazione che si era espressa in una petizione promossa dal sottoscritto che, in meno di due mesi, aveva raccolto oltre 6200 firme.

E invece no, sia che la Simonetta federale e i suoi accoliti (uso espressamente questa espressione spregiativa per definire una classe amministrativa che agisce contro gli interessi di quello che dimentica essere il suo datore di lavoro: il popolo) non ci abbiano pensato bene oppure – e, a mio avviso, è l’ipotesi più verosimile – che non siano semplicemente in grado di pensare, ecco che hanno mollato la tegola sulla testa dei Losonesi in primis, e dei Ticinesi tutti, in particolare quelli del Locarnese: Losone ospiterà un centro d’accoglienza per asilanti.

 

Uno sgarbo gratuito, al di là della decisione

 

Al di là della discutibile (per usare un eufemismo) decisione, la forma utilizzata dal Dipartimento di Giustizia e Polizia, per sua delega dall’Ufficio federale della migrazione, per annunciarla è semplicemente inaccettabile e dimostra la coda di paglia di un’amministrazione federale che sa di agire contro la volontà dei diretti interessati (salvo il Consigliere di Stato losonese Manuele Bertoli, di cui parleremo in seguito e che, come spesso accade a chi milita in quell’area politica, ha perso una magnifica occasione per stare zitto). Infatti, le autorità cantonali e comunali hanno dovuto apprendere la notizia dalla stampa, perché la Banda Bassotti non ha nemmeno avuto la correttezza di previamente informarle. Un ennesimo sgarbo gratuito di cui la Berna federale ci “onora”, dall’alto di un’arroganza inversamente proporzionale agli scarsi suoi meriti dimostrati in questi ultimi decenni.

 

La dabbenaggine del “politicamente corretto”

 

Al momento della mia petizione, alcune autorità dei comuni locarnesi – incapaci di superare la loro idiosincrasia nei riguardi del mio partito (peraltro ingiustificata, perché l’avevo lanciata a titolo personale) – espressero dei dubbi sulle motivazioni, drastiche ma giustificate, che si riassumevano nel messaggio “Basta asilanti in Ticino, il nostro Cantone ha già dato, andateli a piazzare da qualche altra parte, non in una zona a pretta vocazione turistica come il Locarnese”. Al punto che il Municipio di Losone mi chiese – quale condizione per appoggiarla – che ne addolcissi il testo inserendo qualcosa di propositivo quale l’ipotesi di altre destinazioni, nella fattispecie il Museo del territorio che, tutto sommato, né il Comune né il Cantone, in questi periodi di vacche magra, hanno come priorità d’investimento. Ma tant’è, il sostegno ufficiale dei comuni interessati era importante – o almeno credevo allora, oggi le cose sembrano non essere così – e perciò ecco il “politicamente corretto” intrufolarsi in quello che forse avrebbe fatto meglio a rimanere un messaggio duro e crudo. Sarebbe interessante sapere quanti di quegli oltre 6200 firmatari hanno sottoscritto la petizione convinti dalla necessità di ospitare il Museo del territorio. Credo veramente pochini.

 

Attenti all’inghippo

 

Il progetto paventato ultimamente parlava dell’insediamento di un centro per asilanti nella ex-caserma di Losone per un periodo di tre anni. L’annuncio dato alla stampa in questi giorni dice invece “per un periodo di almeno tre anni”. Ed è logico – dato che voci a livello portineria, ma peraltro più che attendibili – davano per probabile la rinuncia al progetto perché l’investimento necessario era troppo elevato per giustificare la sua realizzazione per soli tre anni. Il che era abbastanza rassicurante. Losonesi in particolare, e Locarnesi e Ticinesi più in generale, non cullatevi perciò nell’utopia che fra tre anni le carte saranno ridistribuite. Una volta insediato il centro, ce lo terremo a tempo indeterminato. Il periodo di tre anni è solo fumo negli occhi da parte di una Berna federale che non esita a mentire spudoratamente pur d’indorare la pillola o meglio, nella fattispecie, un suppostone allucinante delle dimensioni di un boiler.

 

L’assurdo blaterare di Manuele Bertoli

 

Il nostro (si fa per dire) consigliere di Stato se n’è uscito con dichiarazioni molto umanitarie, ma a dir poco deliranti nella bocca di un ministro ticinese, applaudendo addirittura alla decisione di Berna che sarà “anche un’occasione per capire meglio che quel che vediamo in televisione tutte le sere succede davvero, succede non troppo lontano da noi e, lo si voglia o no, ci coinvolge. E ci riguarda”. E tira in ballo pure il Papa il che, da parte di un socialista è ai miei occhi piuttosto bizzarro, e la “vergogna di Lampedusa”. Ora, a parte che Lampedusa non è che la conseguenza di una politica buonista che, con un eccesso assistenziale inverosimile, ha reso appetibile l’intera Europa a tutti i poveracci della terra che, indipendentemente da guerre e persecuzioni tentano (e si prendono quindi il rischio) anche le vie più pericolose pur di arrivarci, non confondiamo il burro con la ferrovia. L’accoglienza e l’assistenza a quell’infima parte di richiedenti l’asilo legittimati da ragioni di autentica emergenza può essere ed è assicurata senza il ricorso alle ex-strutture militari. La comunicazione ai media parla genericamente di “centro d’accoglienza per richiedenti l’asilo”, ma in realtà si tratta di sistemare i cosiddetti “recalcitranti” o “problematici”, i quali non hanno alcuna ragione per essere accolti. Si tratta in pratica di un centro che avrà gli stessi problemi attualmente vissuti da Chiasso. Perché di asilanti tranquilli e non problematici ne abbiamo parecchi in Ticino, alloggiati in alberghi o in appartamenti, e non costituiscono un problema particolare.

No, caro Bertoli, il Papa fa il suo mestiere – con uno stile a suo modo simpatico, sebbene un po’ contraddittorio fintanto che i beni della Chiesa non saranno devoluti a risolvere i problemi di cui il buon Francesco accusa l’Occidente di essere colpevole – ma quello di un consigliere di Stato è un altro, in particolare non è quello di mettere a posto il mondo, bensì il Cantone (e già in questo non è che riesca poi tanto bene). E l’interesse del Cantone non si fa accettando supinamente, o addirittura applaudendo a certe decisioni deleterie imposteci dall’alto di un ristretto gremio internazionalista, antisvizzero e – ed è ancora peggio – di estrema sinistra.

 

Cosa fare?

 

È difficile credere che sia ancora possibile metterci la classica pezza, i buoi non sono solo già fuori dalla stalla, stanno correndo liberi a chilometri di distanza. Ciò non toglie che la nostra deputazione a Berna debba far sentire la sua voce con toni da “do di petto” dei più famosi tenori. Forse non servirà a compiere il miracolo, ma è comunque una via irrinunciabile.

 

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