I novelli iconoclasti
Poiché rifiuto di riconoscere come “spontanei” i movimenti popolari che richiamano in strada decine, quando non centinaia, di migliaia di persone urlanti banali slogan e luoghi comuni, non posso non sospettare che dietro queste manifestazioni ci siano dei marionettisti che tirano i fili manovrando la gente per interessi propri o di ridotte categorie. Così come la rivoluzione francese fece l’interesse della classe borghese – non del popolo, che continuò a patire la fame come prima – i movimenti popolari del giorno d’oggi vengono, a mio avviso, alimentati e manovrati dietro le quinte, da gruppi più o meno identificabili che hanno scoperto come strumentalizzare al meglio lo sdegno popolare, fomentando le isterie di massa che affliggono oggigiorno il pianeta. Il problema è che queste manifestazioni isteriche sfuggono ormai a qualsiasi controllo, terrorizzando in particolare la politica che, di conseguenza, dà loro spesso, per non dire sempre, un’importanza inversamente proporzionale a quella dei temi in oggetto. Da qui, l’imperversare di sempre nuove tasse a fini ecologici o la caccia alle streghe presunte razziste con l’inserimento del famigerato articolo 261bis nel Codice penale, tanto per fare due esempi. Nel primo caso, si vuole tartassare ulteriormente il contribuente per “migliorare” una situazione ambientale che in Svizzera è già la migliore del mondo e lascia ben poco margine per altri incrementi. Nel secondo, si vessano inutilmente dei cittadini che – ben lungi dall’essere razzisti – vogliono tuttavia esprimere le loro opinioni, le loro riserve o anche solo le barzellette riguardanti delle comunità con le quali coesistono peraltro pacificamente da anni. O si pensa forse che le generazioni che ci hanno preceduto – per intenderci, quando denominare “terroni” i meridionali o “negri” le persone di colore, non era forse considerato elegante, ma non era perseguibile penalmente – contenessero una percentuale di “razzisti” superiore a quella odierna, anche se quest’ultima tiene la cosa per sé, intimorita dalle possibili sanzioni? Come sempre, si dà importanza alla forma, al “politicamente corretto”, non alla sostanza, nella fattispecie al fatto che, mentre i presunti razzisti non sono diminuiti, i cittadini normali e innocui vengono vessati da una legge che – come era prevedibile – è sfuggita di mano e dà adito ad abusi e ad arbitrarie interpretazioni.
Tutto questo lungo preambolo è però volto a introdurre un altro cancro della nostra società – derivante in parte proprio da detta politica del seguire l’onda dell’isteria di massa per paura di esserne travolti, invece di combatterla sul nascere – ossia lo sdegno popolare fuori luogo per episodi o fatti avvenuti in tempi remoti e magari lontano da noi ma, soprattutto le manifestazioni di piazza che ne derivano e che, per buona parte dei partecipanti, altro non sono se non dei pretesti per cagnare e atti di vandalismo.
La nuova furia iconoclastica
L’ultima manifestazione di questa follia popolare si realizza con una forma di iconoclastia che porta a vandalizzare o addirittura a distruggere statue e monumenti eretti a grandi personaggi della storia. Da Cristoforo Colombo a Winston Churchill, dei buzzurri che nulla di utile hanno concluso nella vita, vandalizzano e abbattono statue di personaggi che hanno fatto la storia. E perché? Perché, figli del loro tempo ma, soprattutto, perché esseri umani, hanno fatto delle cose o avuto comportamenti che urtano l’ipocrisia dell’odierno “politicamente corretto”. Infatti, nella loro becera follia, questi novelli iconoclasti non sanno distinguere i traguardi raggiunti dai personaggi in questione – e cui si riferiscono i monumenti – dai personaggi stessi, con i difetti (ma anche i pregi) derivanti dalla loro condizione di esseri umani. Oltre a non considerare che, spesso, i reati di cui si accusano oggi, tali non erano quando furono perpetrati.
È del tutto normale che, caduto un regime tirannico, i monumenti del despota di turno vengano abbattuti. Erano stati eretti a memoria della persona in quanto simbolo di una tirannia con la quale si vuole chiudere definitivamente. Lo fecero già gli antichi Egizi più di 3000 anni fa con Akhenaton, il faraone che – contro l’ostilità di tutto il clero e di buona parte della popolazione – aveva declassato tutti gli Dei per imporre un monoteismo indigeribile a molti. Morto lui, tutto ciò che era stato eretto in suo onore fu distrutto. Con il nome di “damnatio memoriae”, la pratica fu abbastanza in uso anche nell’antica Roma, giustificata perlopiù dal fatto che la vittima di tale misura si era macchiata di delitti contro lo Stato. In periodi più recenti, si ebbe l’abbattimento in Germania dei monumenti di Adolf Hitler o in Russia quelli Stalin. Ma in tutti questi casi, l’unico motivo per il quale erano stati eretti, era un riconoscimento all’uomo in quanto statista, caduto poi in disgrazia per motivi politici. E il loro abbattimento fu la conseguenza di una rinnegazione della loro opera.
Ma nel caso dell’iconoclastia di oggi, si sorvola sul fatto che la statua di Cristoforo Colombo non è stata eretta per glorificare il signor Colombo quale esploratore o marinaio o semplice rompiballe di Isabella di Castiglia, bensì per essere stato lo scopritore, seppure inconsapevole, dell’America. Se gli si fosse dedicato un monumento per aver coltivato la schiavitù o saccheggiato l’oro dei nativi – argomenti peraltro non disdicevoli nel contesto di allora – l’abbattimento dei suoi monumenti sarebbe giustificato ma, in realtà, volenti o nolenti, dobbiamo accettare che l’America fu scoperta da lui e che, come tale, ha un posto più che meritato nella storia. Anche se – e non ho ragioni per dubitarne – ne avesse fatte di tutti i colori.
Lo stesso dicasi di Winston Churchill, per il quale si adduce a pretesto il suo “razzismo”, peraltro solo espresso a parole in alcuni suoi discorsi. In particolare, sarebbe stato un sostenitore della superiorità dell’impero britannico rispetto ai popoli delle colonie. E ci mancherebbe poi che non lo pensasse, quale primo ministro di una potenza coloniale! E, ancora una volta, si sorvola sul fatto che i monumenti in sua memoria sono stati eretti per i suoi enormi e indiscutibili meriti, primo fra tutti, quello di aver resistito all’aggressività della Germania nazista (se l’Inghilterra, unico paese europeo a riuscirci, non avesse resistito nonostante tutte le premesse contrarie, non ci sarebbe stato l’intervento americano e oggi parleremmo tutti “Hochdeutsch”), permettendo la successiva vittoria degli alleati. Questo merito, da solo, dovrebbe bastare a oscurare qualsiasi suo difetto.
Ma, personalmente, dubito che molti di questi novelli iconoclasti abbiano approfondito la storia e le azioni dei loro bersagli. Per loro, l’importante è vociare, vandalizzare e ROMPERE… sia in senso letterale che metaforico.
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