Gripen: non si tratta solo di un aereo, bensì della nostra libertà, sovranità e indipendenza!
In questo mondo impazzito, rovinato da stregonerie che vengono chiamate ingegneria finanziaria e globalizzazione, dominato da internazionalismi (ONU, OCSE, NATO, AELS, G8 e G20 e così via, senza dimenticare il G1 che si chiama USA), corroso da enormi istituti bancari che un giorno sì e l’altro pure vengono costretti a concordare multe impressionanti, centinaia di milioni se non miliardi, con dirigenti che si appropriano sfacciatamente del reddito (ma bisognerebbe chiamarlo malloppo) prodotto dalle aziende che dirigono, frutto del lavoro delle migliaia di collaboratori e indirettamente anche dei milioni di clienti, un mondo che invece di creare benessere per tutti arricchisce sempre più i ricchi e impoverisce il resto dell’umanità, in questo mondo impazzito, dicevo, diventa sempre più evidente che la sola possibilità di sopravvivenza di un minimo di libertà, indipendenza e democrazia è data dal piccolo Stato. La Svizzera, piccolo, anzi piccolissimo Stato nato tra le montagne, sprovvisto di materie prime e di accesso alle vie di comunicazione più redditizie, che erano e restano i mari, ne è un vivido esempio. Un piccolo paese che da circostanze avverse ha tratto la motivazione per costruire il proprio benessere e i propri diritti democratici, ma sempre senza dimenticare che oltre ai diritti ci sono anche i doveri. Una dimostrazione emblematica di questo assunto il popolo svizzero l’ha data un paio di anni fa, quando respinse un allettante proposta delle sinistre che voleva offrirgli gratuitamente (gratis è la parola più falsa di tutti gli idiomi di questo mondo; significa semplicemente: beneficio pagato da chi non ne beneficia) 6 settimane di vacanza al posto delle 4 o 5 già concesse.
Negli USA, da molti creduti Stato di esemplare democrazia, i cittadini eleggono il Presidente, e poi per 4 anni vengono gentilmente pregati di tener chiuso il becco. In Europa la stessa sorte tocca praticamente a tutti gli europei, repubblicani o monarchici o sudditi di principi che siano. La democrazia indiretta, cioè delegata a rappresentanti, ha condotto con il passar degli anni alla formazione di oligarchie, dette anche plutocrazie, e di burocrazie onnipotenti e voraci, che come priorità politica hanno l’appropriazione del potere a scapito di quello del cittadino contribuente.
Il cittadino svizzero può considerarsi un privilegiato, da più punti di vista, ma non gli è concesso di dimenticare che anche i suoi privilegi hanno un prezzo da pagare. La libertà, la sovranità nazionale, l’indipendenza e la neutralità di cui ha potuto godere e ancora gode non gli sono cadute addosso dal cielo.
Nel secolo scorso la NEUTRALITÀ ha permesso due volte (guerre mondiali, con gravissimi rischi nella seconda, visto che Hitler non era tipo da tener gran conto dei trattati internazionali) di preservare LIBERTÀ, SOVRANITÀ e INDIPENDENZA.
L’UDC è il solo partito nazionale che si batte senza se e senza ma per la difesa di questi 4 attributi. Ne consegue che un cittadino che depone nelle urne la scheda UDC è eticamente e logicamente impegnato a difenderli, esattamente come tutto il partito. Una difesa che non è un obbligo partitico, che sarebbe del resto vano, privo di sostanza, ma un obbligo morale.
La NEUTRALITÀ svizzera è una neutralità armata, basata su un trattato firmato da Svizzera e altre 43 nazioni il 18 ottobre 1907 all’Aja, in Olanda. Un trattato firmato da una moltitudine di monarchi e imperatori oramai scomparsi, ma riconosciuti da tutte le repubbliche più o meno democratiche che hanno preso la loro successione. Questo trattato impone, ripeto, IMPONE agli Stati che vogliono essere riconosciuti come neutrali la manutenzione di un esercito in grado di difenderli con efficacia, compatibilmente con le loro capacità economiche.
Il cittadino svizzero che accetta di difendere la nostra neutralità accetta quindi la difesa di una neutralità armata e di logica conseguenza anche quella di un esercito in grado di difenderla.
Il dilemma sul quale saremo chiamati ad esprimerci nelle urne il prossimo 18 maggio è questo: sì o no al Gripen? Il capo del Dipartimento della difesa, Ueli Maurer, e per una volta il Consiglio federale unanime, le due Camere a maggioranza e tutti gli esperti militari consultati si sono espressi in favore della necessità ineluttabile per un esercito credibile e rispondente ai criteri imposti dal trattato dell’Aja di avere un arma aerea adeguata. La loro scelta, in piena conoscenza di causa, è caduta sul caccia svedese Gripen, sia per le ragioni militari che per quelle economiche. O forse qualcuno, magari poco cognito di queste problematiche, vuole credere che le opinioni dei purtroppo infaticabili sostenitori di una Svizzera senza esercito e dei loro accoliti di sinistra valgono più di quelle di chi si occupa professionalmente di esercito e di difesa della Nazione?
Per gli elettori UDC la scelta è quindi doverosa ed anche facile. Facile e doveroso potrebbe e dovrebbe anche essere per quelli che pur preferendo altri partiti si distanziano nettamente da una sinistra che non impara neppure dalla propria storia (vedi svolta in proposito di difesa armata del partito socialista svizzero nel 1937, quando si decise finalmente a riconoscere un pericolo che già esisteva e che non voleva vedere, un pericolo che è e sarà purtroppo presente finché sulla terra ci saranno uomini). Già i romani, che non erano gli ultimi arrivati, ci avevano avvertiti: “Si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra!
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