Grandi coreografi alla Scala e importanti novità a Lugano

Giu 12 • Prima Pagina, Sport e Cultura • 437 Views • Commenti disabilitati su Grandi coreografi alla Scala e importanti novità a Lugano

Spazio musicale

Nel momento in cui le attività artistiche stanno riemergendo dopo la pausa imposta dal Coronavirus, la Scala ha avuto la felice idea di allestire uno spettacolo, diffuso elettronicamente, dedicato a otto grandi coreografi di ogni tendenza e, per l’interpretazione, a tutti o quasi tutti i ballerini e le ballerine di punta della compagnia. Ne è nato un suggestivo quadro generale che ha costituito un cordiale invito al pubblico affinché ritrovi l’interesse per la danza, mostrandogli la varietà delle risorse di quest’arte e il talento degli esecutori di cui dispone attualmente il teatro milanese. Non avrebbe senso, in questa sede, soffermarsi su tutti i brani presentati e su tutti gli interpreti. Detto che la compagnia scaligera, dal 1. dicembre dell’anno scorso sotto la direzione di Manuel Legris, ha dato una prova complessiva assai convincente di efficienza, dedico spazio a una interprete e a un coreografo, in rappresentanza, per così dire, di tutti gli altri.

L’interprete è Martina Arduino, una ballerina giovane, che vidi e apprezzai negli anni prepandemia nel Boléro di Béjart, nel «Corsaro» e in «Sylvia». Ora ha raggiunto una maturità che permette di collocarla a un livello alto nel mondo del balletto. Il passo a due di Petit, che ha costituito il terzo numero dello spettacolo di cui sto parlando e nel quale la Arduino ha danzato, consiste in una successione raffinata di movimenti e pose sostanzialmente tradizionali. Una coreografia del genere, nella sua semplicità, può apparire scialba senza una interprete che sappia eseguire con precisione assoluta tutte le geometrie classiche, le linee purissime, i tocchi di eleganza e la fluidità che la caratterizzano come pure quegli elementi di espressione appena percettibili ma che, agli occhi di uno spettatore attento, diventano affascinanti. Di tutto ciò la Arduino è venuta a capo con notevole bravura. L’ha validamente affiancata Marco Agostino.

Il coreografo è Serge Lifar. Uscito dai Ballets russes di Diaghilev (come altri fondatori o restauratori di grandi compagnie occidentali), ha dato contributi fondamentali, nel campo della danza, all’Opéra di Parigi, non solo come coreografo e ballerino, ma anche sul piano organizzativo e perfino morale. Infatti, chiuse al pubblico il «foyer de la danse», che consentiva agli abbonati di incontrare gli interpreti dopo gli spettacoli e di conversare con loro ma che, con il passare del tempo, da iniziativa lodevole e interessante che era, degenerò a sede per appuntamenti. Lifar, nonostante i meriti notevoli, viene attualmente trascurato dai teatri, compresi quelli francesi. Dunque, bene ha fatto la Scala a ricordarsene e a presentare estratti da «Suite en blanc», il balletto che riflette nel modo più limpido il cosiddetto neoclassicismo lifariano. Dalla parte dei due danzatori maschili c’è ampio uso del virtuosismo tradizionale, con molti salti, «entrechats» e «tours en l’air» mentre la ballerina a sua volta si attiene strettamente al linguaggio accademico. Degni di lode tutti gli interpreti: Maria Celeste Losa, Timofej Andrijashenko e Nicola del Feo.

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A Lugano è stato annunciato un progetto riguardante l’Orchestra della Svizzera italiana, con il direttore principale Markus Poschner, e la violoncellista Sol Gabetta. L’iniziativa dovrebbe portare parecchie novità ma i particolari non sono ancora stati comunicati. Non resta che citare il comunicato stampa, il quale si esprime in questi termini: «Il progetto, denominato “Presenza” e sotto la direzione artistica di Sol Gabetta insieme al compagno Balthazar Soulier, intende proporre un nuovo modo di fruire i concerti di musica classica, ricreando la cornice originaria in cui i brani (soprattutto del XIX e XX secolo) sono stati composti, e tenendo nella massima considerazione – oltre ovviamente all’aspetto musicale – anche la componente scenica e teatrale. Si intende mettere in discussione quella ritualità ormai consolidata nei programmi (ouverture – concerto solistico – sinfonia) e nel comportamento del pubblico (silenzi, applausi solo in determinati momenti), ritualità che di per sé non è sbagliata, ma certo non è l’unico modo per assistere a un concerto. Il progetto “Presenza” è dunque, più che un festival, una “carte blanche” aperta alle sperimentazioni, come ama dire la grande violoncellista. Prenderà pienamente avvio solo nel maggio 2022, per proseguire almeno nel 2023 e 2024…»

La fama della solista, il largo anticipo con cui è stata diffusa l’informazione (il che fa presumere un periodo di preparazione intenso e meticoloso) e l’uso di certe espressioni come «nuovo modo di fruire i concerti di musica classica», «mettere in discussione», «carte blanche» (in italiano si dice carta bianca, no?) o «sperimentazioni» stuzzicano la curiosità e creano attesa. Certamente ogni idea che può servire a riportare pubblico nei concerti sinfonici e da camera, contrastando una tendenza purtroppo osservabile in tutto il mondo, merita attenzione e appoggio. Vedremo.

Carlo Rezzonico

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