Cosa dicono di noi
Un messaggio di saluto da Berna
Mi congratulo vivamente con «Il Paese» per il suo centenario e ringrazio il team di Eros Mellini per il suo instancabile impegno a favore del giornale. Soprattutto oggi è importante avere una voce che non canti nel grande coro del «mainstream».
Siamo onesti: in Svizzera abbiamo molti giornali e riviste differenti, ma quasi nessuna posizione diversa; quindi, abbiamo una molteplicità di prodotti, ma nessuna vera diversità di opinioni. Ci sono sfumature su questioni secondarie, ma sulle questioni grandi e importanti, lo spirito del tempo rossoverde domina ampiamente l’intero panorama della stampa.
Sono fiducioso che «Il Paese» continuerà a opporsi a tutto ciò e ad assumere una chiara posizione liberal-conservatrice. Auguro tutto il bene ai redattori e ai lettori!
In occasione del 100° anniversario de «Il Paese»
Un giornale che esiste da 100 anni – a prescindere dalla sua linea – è una cosa importante. Ci vuole molto lavoro massacrante, molto impegno e molto cuore e anima per durare così a lungo. Le congratulazioni sono d’obbligo: ai creatori, agli articolisti e ai lettori. Ma «Il Paese» non è un giornale qualsiasi, è speciale: è un giornale che sostiene i solidi principi di una vita degna di essere vissuta – in altre parole, un giornale conservatore. Si batte fedelmente per una Svizzera sovrana, a democrazia diretta, federalista e libera, anche quando il mainstream va in tutt’altra direzione. Ciò è coraggioso e altruista. Per questo il centenario «Il Paese» merita molto rispetto, ringraziamenti e i migliori auguri per il futuro. Continuate così!
100° anniversario « Il Paese », organo ufficioso dell’UDC Ticino
Care lettrici, cari lettori,
«Il Paese» festeggia quest’anno il suo 100° anniversario. Due riflessioni mi vengono in mente a questo riguardo: innanzitutto, l’importanza della comunicazione in qualsiasi progetto che tocca le cittadine e i cittadini. Questa regola vale per tutte le autorità che devono far passare dei messaggi ufficiali, ma anche per difendere delle idee e stimolare così il dibattito democratico.
Poi, la gratitudine di fronte a un assiduo lavoro d’informazione e di persuasione che dura da ormai un secolo.
Lunga vita a «Il Paese» e complimenti al suo team redazionale per il suo impegno fedele al servizio dei valori fondanti del nostro paese e di questo canton Ticino che ci sta tanto a cuore.
Per un Paese resiliente, un giornale resiliente
Non poteva essere che così. E infatti Il Paese resiste da 100 anni, indomito, al di là e al di sopra delle difficoltà che i media cartacei riscontrano ormai da 20 anni a questa parte. Se il «giornale di attualità politica e culturale», come si definisce nella testata, è ancora vivo e vegeto lo si deve certamente alla ferrea volontà di alcuni irriducibili – a partire dal fondatore del Partito agrario e direttore per tanti anni Gaetano Donini sino a giungere a Eros N. Mellini – ma soprattutto ai valori che lo animano e che lo rendono unico nel nostro panorama editoriale ticinese. Sono i valori fondanti della nostra Nazione e che hanno finora garantito il nostro benessere. Nel nome «Il Paese» già emergono i concetti di tradizione, di democrazia, di difesa. È per questo che io lo leggo e che ogni tanto chiedo anche di ospitare qualche mio articolo. Da uomo nato, cresciuto e che vive in una zona alpina, con le radici che si nutrono direttamente nel massiccio del San Gottardo, spero di poterlo fare – assieme ai responsabili di oggi – ancora per tanti anni.
Cento anni, che bell’anniversario!
Dietro una così lunga vita editoriale, che muove le sue mosse dopo la prima guerra mondiale, emergono innumerevoli battaglie in favore della popolazione ticinese e svizzera, articoli, approfondimenti e commenti politici di valore. Il Paese è una testata che ha portato e porta una visione non conformista, conservatrice e patriottica. Per questo motivo sono grato alla proprietà e al suo redattore per il loro instancabile impegno in favore dei valori del nostro Paese.
In qualità di Presidente dell’UDC Svizzera e di Consigliere agli Stati del Canton Ticino non posso che congratularmi per questo traguardo e testimoniare la mia riconoscenza per tutto ciò che il Paese offre a ogni occasione nelle sue pubblicazioni.
Congratulazioni per i 100 anni de «Il Paese»
Quale predecessore di Marco Chiesa come Presidente dell‘UDC, sono particolarmente lieto di potermi congratulare di cuore con «Il Paese» per il suo centesimo anniversario. Unisco queste congratulazioni retrospettive a un grande ringraziamento per il lavoro giornalistico e alla speranza che «Il Paese» continui a servire il popolo ticinese con i tradizionali valori svizzeri e l’importanza della libertà e della sicurezza per il nostro Paese per molti decenni a venire.
Oltre alla netta separazione dei poteri, una società libera dipende in particolare dalla libera espressione delle opinioni e dalla molteplicità dei media che ne deriva. Questa diversità sta soffrendo nel corso del processo di concentrazione tra le aziende del settore dei media. Soprattutto a causa della pressione del mainstream internazionale, spesso non sono ammesse opinioni dissenzienti su questioni essenziali senza essere etichettati come reieti. In questo ambiente, «Il Paese», con il suo corso chiaramente borghese, rappresenta un’eccezione e si contrappone ai molti professionisti dei media orientati a sinistra. In questo senso, «Il Paese» mi ha fornito importanti servizi come portavoce e piattaforma durante il mio periodo di presidenza del partito negli anni 2016-2020. In questo contesto, desidero ringraziare sentitamente Eros Mellini per il suo sostegno e il suo enorme impegno e augurargli il meglio per il futuro.
Il saluto del Corriere del Ticino
Da sempre sostengo che la nascita di una nuova testata giornalistica sia una buona, se non eccellente notizia, a prescindere dal settore dove si collochi. Visto che negli ultimi tempi di nuove testate ne sbocciano poche – a causa di un mercato pubblicitario sempre più difficile e di una diminuzione dei lettori su carta – mi rallegro che quelle esistenti possano tagliare prestigiosi traguardi di longevità. È il caso de Il Paese, che raggiunge i cento anni di esistenza: un compleanno raro ed egregio, da sottolineare e da festeggiare. È vitale che il nostro mercato dei media possa continuare a contare su pubblicazioni che garantiscano la pluralità dell’informazione, siano esse indipendenti o di area politica. I miei complimenti, dunque, e i più sinceri auguri a Il Paese, al suo editore, al direttore e alla redazione. Non sono tempi facili per la stampa, che naviga in acque a dir poco agitate, e non da ieri: proprio per questo il traguardo dei vostri cento anni è qualcosa di straordinario.
Auguri!
Si continua a ripetere che la stampa scritta è in crisi e destinata a scomparire. A stare peggio sarebbero i fogli di partito, vittime due volte: delle difficoltà del settore e dello sfaldamento dei modelli politici tradizionali. Ma se si guarda oltre la superficie e i luoghi comuni, ci si rende conto che vi sono testate storiche che resistono, continuando ad offrire un prezioso punto di riferimento a chi non si accontenta del mainstream e degli stereotipi del politicamente corretto oggi dominante. Il Paese assolve da decenni con continuità e impegno questo ruolo. Inserendosi come voce forse fievole ma chiara, riconoscibile e originale nel dibattito politico ticinese il quale è sovente troppo autoreferenziale. In questo senso apprezzo molto, personalmente, lo sforzo della testata di fare da ponte fra la realtà subalpina e quella d’oltre San Gottardo. Non limitandosi a un approccio fondato sulle lamentele e le rivendicazioni, ma puntando sulla sostanza. E ricordandoci ogni volta, all’insegna del bilinguismo italiano-tedesco, che questo è e rimane un elemento essenziale del nostro essere svizzeri. Auguri e lunga vita al Paese!
100 anni di «Il Paese»: una storia di successo
«Il Paese» è incredibilmente ancora lì, il giornale viene pubblicato ininterrottamente dal 1922 e oggi festeggia il suo 100° anniversario – a ragione, perché per un giornale di orientamento politico una sopravvivenza così lunga è straordinaria. Collaboro con il giornale da circa 20 anni ed esprimo il mio enorme piacere per questo successo editoriale. Ma come sono arrivato a questa collaborazione?
I miei primi contatti con «Il Paese» risalgono all’inizio degli anni Settanta, quando stavo scrivendo la mia tesi di diploma all’Università di San Gallo (HSG) come politologo e poi la mia tesi di dottorato, esaminando i problemi della struttura della stampa ticinese. «Il Paese», in quanto settimanale dell’UDC, non era al centro del mio interesse; all’epoca si trattava piuttosto dei 6 quotidiani che ancora esistevano nel Canton Ticino, tutti in qualche modo più o meno orientati politicamente [Nota bene, dei 6 giornali di allora, solo il Corriere del Ticino è sopravvissuto, tutti gli altri: Libera Stampa (PS), Popolo è Libertà (PPD), Gazzetta Ticinese (PLR-liberale), Il Dovere (PLR-radicale) e Giornale del Popolo (Chiesa-PPD) hanno chiuso i battenti – ma «Il Paese» (UDC) è riuscito a sopravvivere!].
Ho poi continuato a leggere regolarmente «Il Paese» con grande interesse anche dopo aver terminato gli studi sulla stampa ticinese, perché l’orientamento del giornale corrispondeva alle mie convinzioni politiche. Quando nel 2003 andai in pensione da vice capo della Polizia federale, avendo più tempo, scrissi a «Il Paese» suggerendo alcuni riallineamenti editoriali, che Eros Mellini (all’epoca non ancora direttore) subito approvò, mettendoli poi in atto come direttore (per i dettagli di questo, si legga il suo fondamentale articolo sulla storia de «Il Paese» in questo numero speciale del nostro giornale).
Concludendo, vorrei esprimere la mia più profonda gratitudine per la sopravvivenza de «Il Paese» fino a oggi alle due persone più importanti che l’hanno resa possibile: innanzitutto a Carlo Danzi come editore del giornale. La sua famiglia ha sempre supportato la testata e quando l’UDC Ticino l’ha abbandonata, lui ha ripreso e ha sostenuto, sostenendoli tuttora, i relativi costi, perché la pubblicazione non è affatto redditizia. In secondo luogo, ringrazio sinceramente Eros Mellini, l’attuale direttore del giornale – senza il cui instancabile impegno il quattordicinale sarebbe morto da tempo – e con il quale ho goduto di molti anni di eccellente collaborazione e grande amicizia.
Tanti auguri a «Il Paese»
100 anni per un periodico è certamente un evento da festeggiare con enfasi. «Il Paese» ha una storia incredibile legata al mondo agricolo, quel settore che un secolo fa era preponderante nel nostro Cantone. Ogni famiglia ticinese, che vivesse in campagna o in città, aveva quasi sicuramente un piede nel settore agricolo. L’idea di lanciare un periodico ebbe successo e, ancora oggi – malgrado la comunicazione sia divenuta molto veloce, immediata e forse pure superficiale – poter ricevere nelle case un media con un’impostazione liberal-conservatrice è fondamentale.
Conosco le fatiche che l’editore, il direttore e i vari collaboratori forniscono nel garantirne la continuità e per questo li ringrazio di cuore.
Auguro a «Il Paese» almeno altri 100 anni di vita, che possa continuare a portare una voce differente nell’omogeneizzato panorama mediatico ticinese e che continui a promuovere quei valori che a me sono molto cari, che identifico in una visione liberale dell’economia e conservatrice nei valori.
Faccio i miei migliori auguri al Paese per i suoi primi cent’anni di vita. Il panorama mediatico ticinese ha bisogno più che mai di voci fuori dal coro. Infatti, contrariamente a quanto viene asserito, esso non è affatto pluralista. È solo affollato di testate (cartacee ed elettroniche) appiattite sul «mainstream». Ogni voce, ogni sforzo di controinformazione è dunque prezioso. E necessita – soprattutto quando le risorse finanziarie sono scarse – di idealismo, costanza e buona volontà. E anche ostinazione. Doti che «Il Paese» dimostra di possedere ormai da un secolo: un traguardo veramente notevole. Auguro al quindicinale ed ai suoi collaboratori di non esaurire mai le scorte!
100 anni di «Il Paese», un giubileo di grande significato
Il centenario del giornale è una pietra miliare nella sua storia e ha un significato storico. Per raggiungere questo obiettivo sono necessarie diligenza, organizzazione e perseveranza. Vorrei ringraziare tutti i collaboratori che hanno contribuito al successo del periodico con il loro impegnativo lavoro. Un ringraziamento particolare va ai curatori bilingui Eros Mellini e Rolando Burkhard. Con il loro instancabile impegno hanno contribuito al successo del periodico.
«Il Paese», è un portavoce di tutti ed è considerato un esempio di espressione di opinione libera e senza censure. Le edizioni bilingui e informative sono uniche nel loro genere e di grande importanza. La carta stampata ha dato un importante contributo all’integrazione degli Svizzeri di lingua tedesca in Ticino e ha rafforzato la convivenza sociale.
«Il Paese» è considerato un anello di congiunzione tra le persone politicamente interessate della Svizzera settentrionale e meridionale ed è impossibile immaginare il panorama mediatico ticinese senza di esso.
Buona fortuna per i prossimi 100 anni!
Il saluto de laRegione
Che un trentenne non guardi il mondo con gli stessi occhi di un adulto arrivato al traguardo dei cent’anni è più che pacifico. Tuttavia, di fronte al centenario, il giovane prova rispetto, una certa ammirazione e pure una sana invidia: vorrebbe anche lui poter raggiungere il secolo di esistenza, vantando la medesima vitalità con la quale oggi «Il Paese» si presenta al suo centesimo anniversario. Da parte di tutta la redazione de «laRegione» (che proprio il mese scorso ha compiuto 30 anni) i migliori auguri ai «veterani» colleghi per questa importante ricorrenza.
100 anni Il Paese
Nel 1991 il Vaterland – bibbia dei conservatori – si è fuso con la Luzerner Tagblatt, quotidiano dei liberali. Terminava così la lunghissima fase dei giornali di Partito. In Ticino sono scomparsi Libera Stampa, Popolo e Libertà e Dovere. Non così per Il Paese, che ha continuato, sia pure con la modestia delle dimensioni, a credere nella necessità del colloquio con aderenti e simpatizzanti del Partito. Uno sforzo apprezzabile ed importante per mantenere vivo il contatto e il dibattito democratico. Perciò, felicitazioni, auguri e… ad multos annos!
«IL PAESE» vivo e vitale
In un tempo nel quale i media cartacei tendono fatalmente a scomparire la presenza centenaria e vitale de «IL PAESE» va considerata una testimonianza straordinaria .
Periodico politico, poi di opinione e finalmente di opinione politica , da sempre legato al Partito Agrario che ne consacrò la fondazione nel 1922 e ora all‘Unione Democratica di Centro , con vicende evolutive che ne hanno chiarito nel tempo la posizione liberalconservatrice distante da ogni autoritarismo e fedele alla democrazia rappresentativa e al federalismo elvetico .
Il filo della memoria mi riporta anzitutto alla figura di mio nonno Avv. Riccardo Staffieri (1881-1959) che alle numerose cariche pubbliche rivestite aggiunse quella di Direttore responsabile del giornale dal 1927 – succedendo al defunto Giovanni Battista Mondada – al 1947, oltre che fecondo editorialista a firma personale nei resoconti culturali e dei suoi viaggi in missione di segretario agricolo cantonale, oppure sotto la sigla anonima XX‘ nei commenti sociopolitici: una documentazione sicuramente interessante che sarebbe opportuno ricostruire e valorizzare .
Poi ricordo le esperienze legate alla mia adesione, nel 1966, all‘allora Partito Agrario e Ceto Medio quando il compianto amico e granconsigliere Dott. Luciano Danzi, Direttore-editore de «IL PAESE» mi affidò, assieme alla carica di segretario aggiunto del partito, la tessera di giornalista mentre ero ancora studente universitario.
Giornalista da diporto, ma alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso furono numerosi gli articoli che sottoscrissi con lo pseudonimo Gio.Ma.Sta. : fu una proficua stagione formativa e di conoscenza con il mondo politico ed economico cantonale di allora.
Altro momento focale debitamente presentato e pubblicizzato da «IL PAESE» fu la storica decisione, nel gennaio 1971, di modificare la denominazione desueta e obsoleta del partito in quella moderna e attuale di Unione Democratica di Centro accompagnata da nuovi statuti, praticamente una rifondazione che gestii personalmente in qualità di segretario cantonale e che fu la premessa indispensabile dell‘evoluzione del consenso politico , dapprima incerto , poi progressivamente positivo ed ora esponenziale dell‘UDC puntualmente promosso e sostenuto d «IL PAESE», e non è merito da poco .
Poi l‘inizio dell’attività professionale allentò la mia presenza sul giornale, che riprese saltuariamente durante il periodo in cui fui deputato in Gran Consiglio, dal 1983 al 1995, con la pubblicazione di interventi e atti parlamentari oltre che di alcuni articoli di carattere culturale .
Lasciato l‘impegno politico cantonale, sono rimasto spettatore attento e ho seguito dal giornale la ripresa dell‘UDC quale partito ora protagonista essenziale della vita politica ticinese attraverso i suoi validi esponenti eletti nei consessi federale , cantonale e comunali .
Infine, va riconosciuto un doveroso omaggio alla famiglia Danzi che dalle origini con Riccardo , poi con il figlio Luciano e ora con il nipote Carlo gestisce in qualità di editore ma soprattutto aiuta concretamente «IL PAESE» assicurandone la vitalità presente e futura .
E ancora un augurio sincero a Eros Mellini , insostituibile Direttore-Redattore ed editorialista principe del nostro glorioso «IL PAESE».
Pluralismo e democrazia
Tanti auguri a Il Paese! Festeggiare i 100 anni di una storica testata è motivo di orgoglio per chi ha contribuito a questa lunga avventura editoriale, ma che è anche un orgoglio trasversale e condiviso. Perché, da cent’anni, Il Paese contribuisce a consolidare la democrazia attraverso il dibattito e il confronto delle idee.
Abbiamo la fortuna di vivere in una delle democrazie più solide al mondo, con un’informazione libera e pluralista. Un’informazione che si è sviluppata e ha avuto un ruolo chiave nella storia del Paese, grazie all’equilibrio tra Servizio pubblico e testate private. Un equilibrio che ha permesso a maggioranze e minoranze di conoscersi, dibattere e confrontarsi alla pari. Ed è proprio per le minoranze come quella italofona che questo equilibrio acquisisce il suo senso più alto, garantendo pluralità d’informazione, oggettività e indipendenza. Valori – questi ultimi – che guidano il Servizio pubblico, ma che hanno contraddistinto e contraddistinguono molte testate, non di raro piccole per dimensioni, ma di grande importanza per la democrazia e i principi che reggono la Svizzera.
«Il Paese» negli anni ’80 e ’90: un ricordo di Elio Bernasconi
Eros Mellini mi ha chiesto di rievocare «Il Paese» degli anni in cui ci ho collaborato (dal 1982 al 2002), ricordando in particolare Elio Bernasconi, che fu in effetti la «colonna» del giornale per tutto quel periodo, accanto ad altri commentatori che nel corso del tempo lo affiancarono (oltre a Luciano Danzi: Fabio Pontiggia, Carlo Danzi, Paolo Pittaluga e altri). Egli aveva iniziato a scrivere un articolo per settimana sin dalla seconda metà degli anni ’70, quando il coordinatore e principale commentatore era il prof. Aldo Crivelli; alla morte di quest’ultimo nel 1981 in pratica gli subentrò, a partire dal 1985 (con il trasferimento della stampa a Lugano) facendo anche l’impaginazione del giornale; poi dal 1988 mi lasciò il compito di coordinamento minuto e di impaginazione, mandandomi il suo commento settimanale o quindicinale e le brevi annotazioni della rubrica «Senza rete» (più tardi «Appunti e spunti»).
«Il Paese» di quei tempi era una tribuna libera di ispirazione liberal-conservatrice, il direttore dr. Luciano Danzi lasciava ai collaboratori totale libertà. Naturalmente chi vi scriveva aveva un orientamento di fondo sostanzialmente affine ed era vicino all’UDC, ma si sosteneva in primo luogo un’idea e delle opinioni, che non necessariamente coincidevano sempre con le prese di posizione del partito. Con i limitati mezzi e soprattutto con il poco spazio a disposizione, si esprimevano dei giudizi schietti sugli avvenimenti nazionali e internazionali, nonché su azioni e omissioni della politica cantonale e federale.
E.B. commentava più o meno tutti i principali temi internazionali, nazionali e ticinesi, e lo sapeva fare con distacco e oggettività, sintetizzando una discussione che sui giornali e in parlamento era durata magari mesi in un giudizio riassuntivo ponderato. Ma aveva anche un penchant di pamphletista e sapeva se del caso rispondere a tono ad argomentazioni fuorvianti o demagogiche della controparte, utilizzando anche l’ironia e il sarcasmo; questo in particolare nelle citate rubriche di appunti e spunti. Egli era un commentatore con idee chiare e profilate, che esprimeva sempre senza paura di dispiacere a questo o a quello. Il nostro modesto foglio si era creato in tal modo delle simpatie anche fuori dall’UDC, al punto che venimmo a sapere che nella direttiva cantonale PPD in un’occasione – dovendosi discutere del potenziamento del «Popolo e Libertà» – qualcuno intervenne dicendo che si doveva prendere l’esempio de «Il Paese» come giornale schietto, pungente e accattivante.
E.B. era un conservatore di vecchio stampo, nel senso di fautore dell’ordine e della tradizione; una tradizione sempre guidata dalla razionalità e dal buon senso e che si rinnova continuamente grazie al dibattito delle idee e al progresso scientifico e culturale. Un tema che stava particolarmente a cuore a Elio era quello della Giustizia e delle Pene, e tutti i temi che i francesi chiamano «régaliens» (cioè quei settori che sono la base dello Stato moderno: difesa del paese, sicurezza dei cittadini, ordine pubblico e lotta alla criminalità, ecc.). Egli deprecava un certo buonismo del Codice penale e ancor più delle Corti giudicanti del nostro paese, in special modo nei confronti di autori di crimini violenti. A giusta ragione, non riusciva a concepire e a giustificare certe sentenze indulgenti nei confronti di autori di crimini efferati (come lo stupro e l’uccisione di bimbi e adolescenti, gli assassini seriali di giovani donne, ecc.): sentenze che comminavano ad andar bene una pena di una quindicina d’anni – questo sulla carta, ma che in realtà poi con sconti di pena ecc. si riduceva a poca cosa: qualche annetto. In special modo, ciò che lo indignava era il coinvolgimento della psichiatria nei processi (e ancor più deleteriamente nell’esecuzione delle pene) con l’abuso delle perizie psichiatriche, un alibi dietro cui i giudici e le autorità preposte all’esecuzione della carcerazione e abilitati a concedere sconti di pena si nascondevano, liberandosi della loro responsabilità.
Una certa «pietà imbelle» gli era totalmente estranea. Egli era a giusta ragione convinto che il «trattamento umano» e l’indulgenza non dovessero valere per autori di crimini efferati e per i quali non c’erano spiegazioni e tantomeno attenuanti possibili. Questo suo atteggiamento poteva sembrare ad animi sensibili un po’ duro, ma era solo sentimento di giustizia. Nelle conversazioni al caffè egli auspicava che certi criminali condannati per crimini efferati fossero utilizzati come cavie per testare l’efficacia di prodotti farmaceutici: «perché non utilizzare questi luridi individui anziché i poveri animali per la vivisezione?» si chiedeva talvolta. L’amico Luciano Danzi una volta mi riferì che in un’occasione E.B., avendo telefonato per cercarlo quando lui non c’era e avendo perciò fatto due parole con sua moglie che aveva risposto al telefono, cominciò a fare il suddetto discorso alla signora Maria Giovanna. Era il periodo in cui il famoso criminale seriale Werner Ferrari – fuggito o in licenza premio da una prigione d’oltralpe – aveva reiterato infami delitti pure in Ticino; E.B. naturalmente commentò il fatto e auspicò che il suddetto fosse utilizzato come cavia e senza curarsi delle possibili sue sofferenze… Il signor Luciano mi disse che sua moglie rimase un po’ scioccata, oltre che dai delitti del Ferrari, pure dai discorsi di Elio.
E.B. aveva anche il gusto del paradosso scherzoso: per esempio discutendosi del tema dell’immigrazione di massa e dell’invasione di falsi rifugiati africani, una volta illustrò una sua teoria semi-seria: «Vede Minotti» mi diceva «se va avanti così ci sommergeranno completamente e l’Europa declinerà, perché l’etica del lavoro e l’efficienza economica andranno a farsi benedire. Allora gli europei saranno costretti a emigrare: andremo in Africa e faremo rifiorire l’Africa; poi dopo un po’ di tempo, visto che l’Africa grazie a noi sarà rifiorita, gli africani d’Europa torneranno in Africa. E allora noi ce ne andremo un’altra volta.»
Ripensandoci, mi viene un po’ di nostalgia di lui; da quasi 4 anni è un interlocutore che mi è venuto a mancare e con il quale era usuale avere periodici scambi d’opinione sui temi d’attualità. Quando scompare una persona come E.B. ci si rende conto che non sono molte le persone con cui si può «parlare di tutto», come mi diceva recentemente un ex presidente del Gran Consiglio parlando dei suoi omologhi e spiegandomi perché aveva rinunciato a presenziare all’annuale ritrovo dei medesimi.
Un giornale bilingue con funzione di ponte
Il giornale IL PAESE festeggia il suo primo secolo di vita: complimenti e un grande ringraziamento per la ricchezza di informazioni – sulla politica e su altri temi – che Eros Mellini fa arrivare regolarmente e con affidabilità nelle nostre case ogni quindici giorni! In Ticino ci sono solo pochi giornali e riviste bilingui – la domanda è, ovviamente, se le pagine in tedesco siano necessarie? A mio parere, sì: noi Svizzeri di lingua tedesca che ci siamo stabiliti in Ticino, purtroppo abbiamo spesso una padronanza insufficiente della lingua italiana e siamo estremamente grati ai due redattori linguisticamente dotati Eros Mellini e Rolando Burkhard per aver tradotto i testi de IL PAESE.
La coesistenza più o meno armoniosa delle due lingue – italiano e tedesco – ha una lunga tradizione nella politica ticinese. I primi politici svizzero-tedeschi apparvero nel XVI secolo: erano i balivi dei dodici cantoni della Svizzera tedesca che governavano le città e le valli nei cosiddetti «baliaggi italiani». Non sempre lo facevano con mano felice; spesso non capivano troppo la lingua italiana e tutto quello che si doveva fare qui, visto che si trattava solo di un incarico di prestigio. Uno di loro ebbe anche l’idea di sostituire i toponimi italiani con nomi tedeschi: le pubblicazioni ufficiali parlavano di Lauis, Mendris, Bellenz, Luggaris e Mayenthal… Nel frattempo, la maggior parte di questi nomi è di nuovo scomparsa.
Un’altra ondata di Svizzeri di lingua tedesca arrivòin Ticino grazie alla ferrovia del Gottardo, cioè alla fine del XIX° secolo. Questo portò all’apertura di scuole in lingua tedesca ad Airolo, Biasca, Bellinzona e Chiasso, il che fu spesso percepito in Ticino come una mancanza di volontà di integrazione. Nel XX° secolo, molti albergatori e orticoltori – per citare solo due professioni come esempio – avevano nomi svizzero-tedeschi. Gli immigrati dimostravano uno spiccato spirito imprenditoriale. Non a tutti piaceva il fatto che dal 1908 esistesse un giornale in lingua tedesca, la TESSINER ZEITUNG. Uno storico caporedattore del «Corriere del Ticino» scrisse nel 1959 che molti Ticinesi avevano l’impressione di «non essere più padroni in casa propria».
Nel frattempo, le acque si sno calmate: da tempo l’immigrazione in Ticino non è più costituita esclusivamente da Svizzeri di lingua tedesca. Quel che è certo, però, è che per molti aspetti gli Svizzeri di lingua tedesca hanno un’immagine del Cantone molto diversa da quella dei Ticinesi. C’è un grande bisogno di informazioni per ridurre i pregiudizi esistenti da entrambe le parti. Un giornale come IL PAESE può fare molto per aiutare le persone politicamente interessate della Svizzera settentrionale e meridionale a capirsi meglio e a perseguire obiettivi comuni nella politica cantonale e federale. Con questo spirito, auguro a IL PAESE di avere un pubblico interessato e di avere molto successo anche nel secondo secolo che sta per iniziare! È auspicabile che continui a fare da ponte tra la politica svizzera e quella ticinese. Ad multos annos…
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