Christian Tetzlaff entusiasma il pubblico al LAC

Gen 7 • Prima Pagina, Sport e Cultura • 387 Views • Commenti disabilitati su Christian Tetzlaff entusiasma il pubblico al LAC

Spazio musicale

Un insolito inizio ha avuto il concerto del 9 dicembre al LAC: è stata presentata in prima assoluta una composizione intitolata «Chants de fragilité – Quatre études sur la persistancede la mémoire» per violino solo, 16 violini in eco, live video e orchestra, che Andrea Molino ha scritto su commissione dell’Orchestra della Svizzera italiana. Ha diretto Markus Poschner e hanno suonato come solisti Christian Tetzlaff e Robert Kowalski. La principale novità dell’esperimento è consistita nello schierare tra il pubblico sedici giovani violinisti del Conservatorio della Svizzera italiana, che hanno creato, eseguendo molti frammenti musicali, una specie di mormorio mentre a poco a poco prendevano posto i membri dell’orchestra. Il tutto sarebbe dovuto confluire, senza soluzione di continuità, nel concerto per violino e orchestra di Cajkovskij. L’idea di inserire tra gli ascoltatori studenti avanzati del Conservatorio è stata originale e felice, ma quanto al confluire senza soluzione di continuità nel capolavoro di Cajkovskij ho forti dubbi. Francamente, quando l’orchestra ha cominciato a suonare ho avvertito un salto di stile, contenuti e valori artistici assai marcato. In ogni caso molti applausi per il compositore, presente in sala.

Serenità e gioia sono le caratteristiche fondamentali del primo tempo del concerto per violino e orchestra del compositore russo, scritto rapidamente in un periodo di feconda vena creativa. Molte somiglianze presentano il motivo dell’introduzione, che costituisce un avvio bonario e tranquillo, il primo tema, impregnato di un lirismo dolce e affettuoso, e il secondo tema, a sua volta intensamente lirico, anche se leggermente languido. Una esuberanza festosa esplode invece nei passaggi virtuosistici che, come avviene spesso presso i grandi compositori, trascendono l’esibizione di bravura e diventano splendidi voli dalla fantasia e trascinanti fughe nell’irreale. Si direbbe che Cajkovskij trovi un immenso piacere nel lavorare sul violino e ne spreme ogni possibilità, sia facendogli plasmare melodie particolarmente adatte alle sue capacità espressive sia spingendolo al limite delle possibilità tecniche. La «Canzonetta», che funge da secondo tempo, è un lavoro non privo di una certa grazia, però scialbo e stanco. Collocata tra due tempi che sfoderano grande energia e ricchezza di valori, fa figura di cosa fragile, come oppressa dai due colossi che si trova accanto. Indubbiamente era opportuno che in quel posto venisse inserita una pausa tranquilla, un momento di riposo, però con una certa consistenza in termini di durata, contenuto e validità artistica. Se nel primo tempo appariva già in modo evidente la volontà di ottenere effetti straordinari dallo strumento, nel terzo tempo il compositore letteralmente si scatena. Non a caso, dopo poche battute dei «tutti» (di passaggio: bisogna forse scrivere, per ottemperare alle nuove regole linguistiche, i «tutti e le tutte»?), appare una cadenza, quasi per avvertire l’ascoltatore che dal solista c’è da aspettarsi molto. I passaggi relativamente tranquilli, scritti senza grande convinzione, servono soltanto ad acuire l’attesa del momento in cui l’estro vulcanico torna a dominare.

Di altissimo pregio è stata l’esecuzione ascoltata a Lugano. Nella maggior parte degli ascoltatori il concerto in questione desta entusiasmo soprattutto per i funambolismi virtuosistici. Il Tetzlaff non è venuto meno alle aspettative del pubblico e l’ha impressionato sfrecciando a velocità vertiginose, ma sempre con inappuntabile precisione, attraverso i passaggi più impervi. Tanto che alla fine del primo tempo parecchi spettatori non hanno potuto trattenere un applauso intempestivo, però comprensibile. Ma il discorso sulle prestazioni del solista non deve chiudersi qui. Mentre parecchi interpreti, pur bravissimi nella tecnica, non riescono a evitare nei passaggi rapidi una certa secchezza di timbro, nel caso del Tetzlaff abbiamo sempre potuto ammirare una cavata intensa, piena, luminosa, perfino abbagliante. Inoltre, l’insigne violinista ha dedicato la massima attenzione ai momenti lirici della composizione, ad esempio ai due temi del primo tempo oppure al motivo che nella «Canzonetta» fa seguito alla fanfara iniziale dei legni e dei corni: le note ribattute che lo caratterizzano in sé hanno poco di interessante ma dalle mani del Tetzlaff sono uscite con una morbidezza di suono e di accenti tali da farne espressione di una affascinante mestizia: gli artisti validi riescono a creare vita e sentimento perfino quando eseguono passaggi di scarsa levatura.

Nella prima sinfonia di Cajkovskij, scritta a ventisei anni, c’è poco della grandezza che il musicista russo avrebbe raggiunto in seguito. Il passo è ancora incerto e l’ispirazione discontinua. Bisogna però considerare le circostanze sfavorevoli e le sue condizioni di salute precarie. Cajkovskij aveva accolto con entusiasmo l’invito di Nicholas Rubinstein a scrivere una sinfonia e si mise presto ed alacremente al lavoro. Purtroppo, gli sforzi compiuti affrontando per la prima volta una forma di ampio respiro ma soprattutto una stroncatura fatta da Cesar Cui recensendo un suo lavoro, lo fecero precipitare in una crisi paurosa. Soffriva di insonnia, lavorava anche di notte e il disordine nervoso divenne così allarmante che un medico lo giudicò sull’orlo della pazzia.

Markus Poschner e l’Orchestra della Svizzera italiana, nella serata del 9 dicembre, si sono prodigati per ricavare tutto quanto possibile da una partitura poco più che mediocre. Sono riusciti a darci alcuni momenti convincenti. Sia menzionato ad esempio l’inizio del secondo tempo, nel quale il contrappunto degli archi, suonato con puntigliosa cura, ha creato un bellissimo velluto sonoro.

Subisso di applausi per il Tetzlaff, il Poschner e l’orchestra. Serate come questa fanno capire quanto sia importante disporre sul posto di un complesso di alta qualità. Solo così, quando giunge un solista di grande valore, è possibile accompagnarlo in modo degno di lui e quindi farne apprezzare al massimo le straordinarie attitudini.

 

Carlo Rezzonico

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