Cara SECO, la campagna di voto è terminata… sarebbe ora di tornare ai fatti
La SECO ha pubblicato oggi il “10° rapporto dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone – Svizzera/UE: effetti della libera circolazione delle persone sul mercato del lavoro svizzero nel 2013”. Questo ufficio continua imperterrito ad abbellire la situazione come l’ha fatto il Consiglio federale durante la campagna concernente l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” per tentare di addormentare il popolo svizzero. Invece di proporre delle soluzioni ai problemi reali, la SECO tesse l’elogio di un sistema che è ormai relegato nella storia dal 9 febbraio scorso. Sarebbe ora che l’amministrazione federale affronti la realtà dei fatti.
Un fatto è che l’immigrazione ha continuato ad aumentare nel 2013. Il bilancio migratorio s’è fissato a 88’000 persone, ossia 15’000 in più dell’anno precedente. L’immigrazione netta dei cittadini UE27/AELS ha addirittura raggiunto le 66’200 unità nel 2013, battendo così il record del 2008 (61’200 persone).
Un fatto è che la maggioranza degli immigranti (52%!) non viene in Svizzera per esercitarvi un’attività lucrativa. L’immigrazione tramite il ricongiungimento familiare non è mai stata così elevata nei vent’anni precedenti (più di 50’000 persone). Ed è proprio a questo livello che il Consiglio federale rifiuta di cambiare alcunché nel suo concetto d’applicazione della nuova norma costituzionale. Orbene, si potrebbe intervenire in questo settore senza perdere della manodopera preziosa per l’economia, semplicemente adempiendo il mandato conferito dal popolo, riducendo quindi considerevolmente l’immigrazione.
Un fatto è che, leggendo attentamente il rapporto, si constata un aumento del tasso di disoccupazione secondo la definizione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) dall’introduzione della libera circolazione delle persone (ALCP). Durante i dieci anni precedenti l’entrata in vigore dell’ALCP, il tasso di disoccupazione medio era del 3,4%, contro il 4,1% fra il 2002 e il 2013. Come d’abitudine, questo importante aspetto è passato sotto silenzio nel comunicato stampa e nel riepilogo del rapporto.
Un fatto è che il tasso di disoccupazione presso i cittadini portoghesi è fortemente aumentato negli ultimi anni, raggiungendo l’8% nel 2013, ossia molto più che presso gli altri cittadini UE e, soprattutto, rispetto agli Svizzeri. L’immigrazione proveniente dal Portogallo è stata anche quella che ha registrato il maggiore aumento nel 2013, grazie alla libera circolazione delle persone. Ma il tasso di disoccupazione ha raggiunto delle punte anche fra i cittadini dei nuovi Stati membri dell’UE che beneficiano da quest’anno della completa libera circolazione delle persone (Paesi dell’Est UE/estensione dell’UE 2004: 8%; Romania/Bulgaria: 11,8%)!
Un fatto è che i cittadini UE hanno il diritto di farsi conteggiare, sulla base del loro permesso di soggiorno, la durata dei loro premi pagati alle assicurazioni sociali all’estero, per ottenere delle prestazioni dall’assicurazione-disoccupazione svizzera (AD). Dal loro primo giorno di lavoro in Svizzera, hanno dunque diritto alle prestazioni dell’AD se hanno pagato i premi all’estero per almeno 12 mesi. Il numero di lavoratori stranieri che hanno fatto uso di questa possibilità è fortemente aumentato in questi ultimi anni. Mentre che fino al 2008 era sempre inferiore alle 500 persone, nel 2013 ha raggiunto le 2313 unità, il che rappresenta un nuovo record. L’importo delle indennità di disoccupazione versate a questo titolo ha raggiunto quasi i 31 milioni di franchi nel 2012. Ma anche qui, il Consiglio federale non vede alcuna ragione per reagire ricorrendo alle misure d’accompagnamento previste dall’articolo 121a della Costituzione per controllare l’immigrazione mediante una riduzione dei diritti alle prestazioni sociali.
Conclusione: per ridurre efficacemente l’immigrazione senza nuocere all’economia bisogna, oltre all’introduzione di contingenti e della preferenza data ai lavoratori residenti, anche intervenire a livello di ricongiungimento familiare e limitare i diritti alle prestazioni sociali. In particolare, le indennità di disoccupazione devono essere riservate alle persone che abbiano esercitato per almeno 24 mesi in Svizzera un’attività sottoposta al pagamento dei premi. Nel suo concetto d’applicazione, l’UDC ha rilevato l’importanza di queste misure d’accompagnamento e ha formulato delle richieste in questo senso. Queste proposte sono state depositate in Parlamento federale durante l’ultima sessione, sotto forma di interventi parlamentari.
È ora di smettere di abbellire la realtà. Il Consiglio federale ha il dovere di riconoscere anche gli inconvenienti della libera circolazione delle persone, di comunicarli apertamente e di prendere finalmente delle misure conformi alla volontà popolare chiaramente espressa lo scorso 9 febbraio.
UDC Svizzera
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