Burqa : le contraddizioni delle donne socialiste

Set 30 • All'ombra del minareto, Iniziative e referendum • 3890 Views • Commenti disabilitati su Burqa : le contraddizioni delle donne socialiste

Giorgio Ghiringhelli Promotore dell’iniziativa antiburqa

Giorgio Ghiringhelli
Promotore dell’iniziativa antiburqa

Perché non punire i mariti che impongono il burqa alle loro mogli  ? Ecco la gran trovata della vicepresidente delle donne socialiste, la consigliera nazionale Cesla Amarelle, la quale tramite la stampa domenicale confederata ha annunciato urbi et orbi la “sua”  idea, precisando l’intenzione di creare una norma penale che punisca chi impone a una o più persone di indossare un abito specifico e in particolare di dissimulare il volto. Lo scopo “dissimulato” di questa proposta sembra in realtà essere quello di giustificare il porto del burqa in pubblico quando lo stesso è indossato volontariamente. Io queste donne socialiste che le inventano tutte per garantire  la “libertà” di indossare il burqa non le capisco proprio. E ancor meno le capisco quando, come nel caso in questione, pur di raggiungere il loro obiettivo si contraddicono piuttosto clamorosamente almeno un paio di volte.

Prima contraddizione. Se la signora Amarelle avesse letto bene il testo del nuovo articolo costituzionale approvato  dai ticinesi, si sarebbe accorta che la “sua” idea di punire i mariti che impongono il burqa era già contenuta nell’articolo in questione, che al capoverso 2 recita : “Nessuno può obbligare una persona a dissimulare il viso in ragione del suo sesso”. Ebbene, nel corso dei dibattiti che avevano preceduto la votazione, le donne di sinistra che avversavano sia il nuovo articolo costituzionale e sia il controprogetto avevano sostenuto a gran voce l’inutilità del capoverso summenzionato, sostenendo che nel Codice penale federale vi è già un articolo ( numero 181) che punisce con la detenzione o la multa , per il reato di coazione, chiunque “usando violenza o minaccia” costringe una persona “a fare un atto”.  Ma allora se stando alle donne di sinistra ticinesi c’è già una norma penale che consente di punire chi obbliga qualcuno a dissimulare il volto, perché mai la vicepresidente delle donne socialiste vuole creare una norma penale specifica? Vuoi vedere che il secondo capoverso del nuovo articolo costituzionale, non è poi così inutile come le avversarie del divieto sostenevano?

Seconda contraddizione. Nel 2010, subito dopo l’approvazione dell’iniziativa che vietava la costruzione di minareti in Svizzera, il Partito socialista si rese conto che le paure ed i dubbi emersi da quel voto  andavano approfonditi per capirne le motivazioni, anziché stigmatizzati. E così elaborò una presa di posizione di una decina di pagine che toccava vari aspetti problematici dell’Islam. Fra questi vi era pure il burqa che, quando indossato come obbligo, rappresenta secondo il PS  un “attentato massiccio alla libertà personale e una violazione dei diritti dell’uomo, nella misura in cui esso compromette lo sviluppo personale e l’integrazione nella nostra società”. E se indossato volontariamente ? “Non fa alcuna differenza” si legge nella presa di posizione “perché in effetti è difficile considerare il burqa come qualcosa che non sia un simbolo di oppressione della donna”. Non posso che condividere queste considerazioni. Ma allora perché adesso la vicepresidente delle donne socialiste, contraddicendo quanto scritto tre anni fa dai vertici del PS, se ne esce con una proposta che in realtà mira a legittimare il porto volontario di quel “ simbolo dell’oppressione della donna” che è il burqa ? Forse solo per non darla vinta all’UDC, che ha già annunciato l’intenzione di lanciare un’iniziativa federale per vietare in tutta la Svizzera la dissimulazione del viso in pubblico (e dunque anche il burqa)?

Ad ogni modo v’è da chiedersi a che serve approfondire le ragioni di un voto, per cercare di capirne le motivazioni, quando poi non se ne tiene conto. La signora Amarelle & Co non hanno ancora capito che i ticinesi e gli svizzeri non vogliono vedere nel loro Paese persone che vanno  in giro con il volto coperto, indipendentemente dal fatto che siano obbligate o che lo facciano volontariamente.

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