Capitolazione a rate?
Una capitolazione è una dichiarazione unilaterale di sottomissione. Essa segnala la disponibilità a rinunciare a qualsiasi resistenza. Si verifica quando una delle parti è sconfitta e deve accettare le condizioni d’armistizio dettate dall’avversario. La Svizzera si trova attualmente in un processo di capitolazione continuo: non militarmente, ma nei settori della politica, dell’economia, della finanza e della giustizia. È necessario, o addirittura inevitabile?
Le dichiarazioni di resa le sottoscrivono gli Stati quando qualsiasi resistenza militare, a causa d’esaurimento dei mezzi o in vista di eccessive perdite future, appare senza speranza. Esse sono negoziate fra gli Stati belligeranti (resa condizionata) oppure dettate di fatto dalla parte vittoriosa a quella perdente (resa incondizionata; in questo caso si compie tradizionalmente anche la resa politica, oltre a quella militare).
La Svizzera è attualmente coinvolta in diverse guerre di difesa; non militari, bensì di natura politica, economica, finanziaria e giuridica. L’esito di questa guerra è aperto sotto ogni punto di vista, perché le nostre forze di difesa sono completamente intatte: noi disponiamo di un forte sistema politico a democrazia diretta che tutto il mondo c’invidia. Abbiamo un’efficienza economica e una stabilità monetaria che non hanno eguali a livello mondiale. E il nostro sistema giudiziario non ha bisogno degli insegnamenti di qualsivoglia altro Stato o organizzazione internazionale.
E tuttavia ci giungono quasi settimanalmente delle nuove richieste di capitolazione, praticamente già pronte per la firma e non negoziabili da parte di Stati o organizzazioni impegnate in una guerra d’aggressione politica, economica, finanziaria e giuridica nei nostri confronti. E ciò in forma di veri e propri diktat e con chiare indicazioni di quanto perderemmo inevitabilmente nel caso rifiutassimo una resa incondizionata.
Alla luce dei fatti, i mittenti di queste richieste di resa dovrebbero piuttosto temere per la loro propria salvezza. Perché sono coinvolti, per propria colpa, in guerre contro sé stessi e contro avversari non svizzeri, che presto o tardi sono destinati a perdere. E perciò le loro dichiarazioni di guerra e i diktat volti a imporre alla Svizzera la resa, non sono nient’altro che un tentativo di distrarre l’attenzione dai propri problemi – mettendo alla berlina la Svizzera, in mancanza di argomenti migliori e dimostrando un chiaro atteggiamento d’invidia nei suoi confronti. Ma torniamo al punto: chi sono dunque gli Stati e le organizzazioni che ci fanno la guerra?
„Ogni resistenza è vana”, ci dice il commissario UE
Che l’UE, per il proseguimento degli accordi bilaterali sottoscritti e la sottoscrizione di quelli futuri, voglia imporre una “integrazione istituzionale”, ossia la ripresa totale del diritto UE esistente e futuro, è arcinoto. Ciò sarebbe un ulteriore passo verso la dipendenza giuridica e politica della Svizzera dall’UE, e quindi una capitolazione politica.
Il massimo a questo proposito l’ha raggiunto recentemente il commissario UE Semeta (Lituania) durante la sua visita a Berna. Perentoriamente ha preteso dalla Svizzera che, in materia fiscale, riprenda lo scambio automatico d’informazioni (peraltro ancora lungi dall’essere in vigore nell’UE). E lo vuole subito, altrimenti ci aspetta la fine. Di una contropartita sotto forma di accesso al mercato UE per le nostre banche e di una soluzione volta a liquidare i “vecchi problemi”, non ne vuole sapere. Ciò corrisponde alla pretesa di una “resa incondizionata” e non più di una capitolazione economica “condizionata”.
Chi pretende questo da noi, rappresenta il “governo” di una fallimentare comunità politica, economica e finanziaria di Stati (UE), e il suo diktat è indirizzato allo Stato che, dal punto di vista politico, economico e finanziario, è attualmente il più solido del mondo. Anche solo accettare di entrare in materia su questa pretesa sarebbe un errore basilare. Purtroppo il nostro governo, in contraddizione con tutte le decisioni precedenti, si è già dichiarato pronto ad aderire a uno scambio automatico d’informazioni che fosse introdotto a livello internazionale (nell’ambito dell’OCSE), capitolando così di fatto, sebbene – con la benedizione del Parlamento – abbia ridotto la resa da incondizionata a condizionata.
„Lex USA“: Mangia la minestra o salta dalla finestra!
Altrettanto arrogantemente formulato come una pretesa di resa incondizionata unilaterale, si presentava il programma USA per la ricomposizione della lite fiscale a causa delle nostre banche. È decisamente sorprendente come un ufficio dell’amministrazione USA si arroghi il diritto, tramite il nostro Parlamento federale, di abrogare il diritto svizzero. Per fortuna non lo si è fatto, e di fronte a questa perentoria pretesa, mediante una “dichiarazione” si è tramutata in resa condizionata” quella che inizialmente si prospettava incondizionata.
Chi pretendeva questo da noi – di fatto il governo USA – si trova esso stesso in grandi difficoltà. Gli USA sono, sia internamente che internazionalmente, molto indebitati, stanno perdendo in continuazione peso nella guerra economica a livello mondiale nei confronti dell’Asia. Perciò inviano intimazioni di resa laddove sperano che le si prendano sul serio – per esempio alla solida e internazionalmente solidale Svizzera.
I giudici stranieri comandano da noi!
Un po’ più in sordina – ma non meno importante – è quanto succede nel settore della giustizia. La Svizzera riprende acriticamente in continuazione giurisprudenza imposta dall’estero facendola propria. Il nostro sistema giudiziario capitola ora anche di fronte al diritto internazionale non cogente. È così, per dirne una, con la servile obbedienza alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo CEDU (Strasburgo) in questioni inerenti alla relativa convenzione. Così, per esempio, delle sentenze emesse in Svizzera di espulsione di criminali estremamente pericolosi non possono essere eseguite. Fra l’altro, non c’è nel mondo un altro Stato nel quale, come in Svizzera, i diritti dell’uomo siano così rigorosamente rispettati.
A decidere tali cose sono gli alti giudici della CEDU, avulsi da qualsiasi realtà. All’interno dell’UE sono da tempo criticati e derisi, ma perlopiù semplicemente ignorati. Salvo la Svizzera, nessun altro Stato prende così sul serio le loro assurde sentenze. Noi invece, capitoliamo incondizionatamente di fronte a qualsiasi giurisprudenza straniera.
Non oso pensare quali conseguenze avrebbe un assoggettamento della Svizzera alla Corte di giustizia dell’UE (CGUE; Lussemburgo) in controversie legali inerenti ai nostri rapporti con l’UE. La CGUE è famigerata per le sue sentenze giuridicamente non sostenibili, sempre conseguenti alla politica della Commissione UE. Dobbiamo allora capitolare incondizionatamente anche di fronte ad essa, come vorrebbe certa gente?
Ma la capitolazione è poi necessaria?
Deve quindi veramente la Svizzera, passo dopo passo, capitolare in tutto e per tutto dalla sua relativa posizione di forza nei settori politico, economico e finanziario? E ciò troppo spesso senza condizioni? Purtroppo lo fa troppo spesso e volentieri, sebbene anche a rate.
Una volta un generale coraggioso guidava l’esercito a lui sottoposto con un occhio colpito e con una gamba amputata, e avviava con riluttanza dei negoziati di resa o firmava addirittura una dichiarazione di resa impostagli, solo quando proprio non c’era più nulla da tentare. Oggi, con una Svizzera ancora intatta e con l’esito della guerra tuttora aperto, intavoliamo dei negoziati di resa altamente pregiudizievoli, nei quali ogni nostra singola parola viene interpretata come un possibile cedimento.
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