10 affermazioni sulla politica climatica ed energetica – e la loro rettifica

Mag 26 • Dalla Svizzera, L'opinione, Prima Pagina • 11 Views • Commenti disabilitati su 10 affermazioni sulla politica climatica ed energetica – e la loro rettifica

Il prossimo 23 giugno voteremo sulla legge per la protezione del clima, di fatto una sconsiderata legge divoratrice di energia alla quale invitiamo a dire un chiaro NO. Con la cortese autorizzazione della redazione, pubblichiamo qui di seguito un’interessante analisi e contestazione dei principali temi sollevati dai fautori della legge, apparse nel Nebelspalter del 2 maggio 2023 a firma Alex Reichmut.

Alex Reichmuth

Il 18 giugno il popolo deciderà se la Svizzera dovrà diventare neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. Questo obiettivo è specificato nella legge sulla protezione del clima in votazione. Si tratta del controprogetto indiretto all’Iniziativa per i ghiacciai. Per raggiungere l’«obiettivo zero netto», la sostituzione dei sistemi di riscaldamento fossili con soluzioni rispettose del clima deve essere sostenuta con 2 miliardi di franchi e lo sviluppo di nuove tecnologie di protezione del clima con 1,2 miliardi di franchi. L’UDC si batte contro la legge in collaborazione con l’Associazione dei proprietari di case[1] e [2].

I sostenitori della legge sulla protezione del clima sono anche i protagonisti della strategia energetica con l’obiettivo di rifornire la Svizzera di energie rinnovabili e di eliminare gradualmente l’energia nucleare. Il Nebelspalter riprende le argomentazioni centrali del fronte del Sì e dice cosa ne pensa.

«È importante che la legge sulla protezione del clima fissi la rinuncia ai combustibili fossili a partire dal 2050, in modo che l’obiettivo generale sia chiaro e tutti possano adeguarsi.»

→ Le misure previste dalla legge sulla protezione del clima per raggiungere l’«obiettivo zero netto» entro il 2050 non sono nemmeno lontanamente sufficienti. La popolazione è lasciata all’oscuro di quali provvedimenti saranno necessari in seguito e quanto costeranno. La legge segue la tattica del salame: prima si chiede il consenso della popolazione per il «bellissimo obiettivo zero netto», senza chiarire le condizioni e i costi per raggiungerlo. Poi, passo dopo passo, vengono attuate misure sempre più severe, ogni volta con riferimento al «SÌ» della popolazione alla rinuncia ai combustibili fossili. I costi saranno verosimilmente spaventosi. Ma un’economia libera è in grado di adattarsi rapidamente alle nuove situazioni e di fornire prodotti richiesti, anche in assenza di norme governative.

«La legge sulla protezione del clima rafforza l’industria nazionale, per esempio attraverso sussidi per la sostituzione dei sistemi di riscaldamento fossili. In questo modo, la creazione di valore aggiunto rimane in patria invece di far confluire ogni anno miliardi di franchi per petrolio e gas verso Stati canaglia come la Russia o l’Arabia Saudita.»

→ L’industria locale non ha bisogno di essere rafforzata dallo Stato. È già in piena attività. Per esempio, ci sono lunghi tempi di attesa per le pompe di calore a causa dei ritardi nelle consegne e della mancanza di manodopera qualificata. Lo stesso vale per gli impianti solari. L’argomento della creazione di valore aggiunto che rimane in patria è un’assurdità economica – altrimenti tutto il commercio estero sarebbe dannoso. In un’economia di libero mercato, gli stessi partecipanti al mercato sanno cosa porta loro il maggior valore aggiunto – in alcuni casi il commercio internazionale. Con la politica climatica della sinistra rossoverde, ci rendiamo ancora più dipendenti dagli «Stati canaglia», perché in particolare la Cina controlla la maggior parte della produzione di impianti solari e di terre rare (necessarie, tra l’altro, per la mobilità elettrica).

«Senza un SÌ alla legge sulla protezione del clima, i ghiacciai della Svizzera si scioglieranno.»

→ Le emissioni di CO2 della Svizzera sono solo l’uno per mille di quelle di tutto il mondo. Affinché la protezione del clima funzioni, è fondamentale il comportamento dei paesi ad alte emissioni: Cina, Stati Uniti e India. Anche se la Svizzera riuscisse a diventare climaticamente neutrale in pochi decenni, questo non cambierebbe affatto lo scioglimento dei ghiacciai. Non è certo che una politica forzata di protezione del clima da parte della Svizzera e di altri paesi europei possa essere d’esempio per il resto del mondo, come si spera: i prevedibili danni economici di una simile politica probabilmente scoraggerebbero i potenziali imitatori.

«L’«obiettivo zero netto» entro il 2050 deve essere raggiunto a tutti i costi, altrimenti il cambiamento climatico ci costerà molto caro. La Svizzera deve dare il suo contributo»

→ Per raggiungere l’obiettivo zero netto entro il 2050, sarebbe necessario applicare una rigida economia di guerra con un duro razionamento dell’energia. A livello internazionale, ciò porterebbe probabilmente al collasso economico, alla povertà e alla fame. Al contrario, è possibile proteggersi da molte (possibili) conseguenze negative del cambiamento climatico a costi relativamente bassi. Per esempio, il numero di morti causate da disastri naturali legati al clima è già diminuito del 98% a livello mondiale negli ultimi 100 anni. Gli economisti del clima non sono affatto unanimi sulle conseguenze finanziarie del cambiamento climatico rispetto a una politica climatica severa. Il premio Nobel William Nordhaus, ad esempio, è giunto alla conclusione che sarebbe economicamente meglio consentire un surriscaldamento di 3,5 gradi.

«Anche se in Svizzera il riscaldamento degli edifici e la propulsione dei veicoli sono elettrici, la Svizzera dispone di elettricità sufficiente grazie all’espansione mirata delle energie rinnovabili. Per questo motivo, l’espressione “legge divoratrice di elettricità” usata dagli oppositori della legge sulla protezione del clima è sbagliata.»

→ La strategia energetica del governo federale si concentra principalmente sull’energia solare come nuova fonte energetica. Per generare dal sole una quantità di elettricità sufficiente, in termini puramente quantitativi, a rendere possibile la decarbonizzazione e la sostituzione delle centrali nucleari, bisognerebbe coprire centinaia di chilometri quadrati con il fotovoltaico, il che non è fattibile. La Svizzera, inoltre, non è un Paese ventoso, quindi ci vorrebbero migliaia di enormi turbine eoliche per generare una quantità rilevante di elettricità. Data la resistenza della popolazione a tali turbine eoliche, questo è illusorio. Inoltre, gli impianti solari ed eolici non sono in grado di garantire un’alimentazione affidabile. Infatti, quando non c’è il sole e non soffia il vento (Dunkelflaute), non c’è elettricità. Gli impianti solari alpini possono produrre un po’ più corrente in inverno rispetto a quelli della pianura nebbiosa ma, in caso di maltempo e durante le lunghe notti invernali, anche loro non producono elettricità.

«Non si può assolutamente parlare di fallimento della strategia energetica. La ragione dei problemi di approvvigionamento elettrico in inverno non è un fallimento della politica svizzera, ma lo scoppio della guerra in Ucraina.»

→ La guerra in Ucraina e i conseguenti colli di bottiglia nell’approvvigionamento energetico europeo hanno semplicemente portato rapidamente alla luce il fallimento fondamentale della politica svizzera in materia di elettricità: la Svizzera deve temere per il proprio approvvigionamento elettrico perché le importazioni sono diventate incerte. Il fallimento risiede nel fatto che negli ultimi decenni, il paese non è riuscito ad ampliare adeguatamente le proprie infrastrutture per la produzione di energia (come la centrale nucleare di Kaiseraugst) e a pianificare per tempo la sostituzione delle centrali atomiche.

«I partiti borghesi sono responsabili del fatto che stiamo lottando contro la crisi elettrica. Perché hanno impedito un’espansione forzata delle energie rinnovabili negli ultimi anni.»

→ La temuta crisi elettrica deriva effettivamente dal fatto che l’espansione delle infrastrutture elettriche non è stata adeguatamente potenziata. Il motivo principale, tuttavia, è che negli ultimi decenni non è stato possibile costruire altre centrali nucleari a causa dell’opposizione dei partiti della sinistra rossoverde. La Svizzera è quindi diventata fatalmente dipendente dalle importazioni di elettricità. Inoltre, gli ambientalisti, per lo più di sinistra, stanno bloccando la costruzione e l’espansione delle centrali elettriche, di cui c’è urgente bisogno, presentando sempre più ricorsi. Negli ultimi anni, invece, l’espansione delle energie rinnovabili è stata promossa con ingenti somme di denaro in tutta Europa: gli elevati sussidi per l’energia eolica e solare hanno distorto i prezzi dell’elettricità per molto tempo e hanno portato a un calo dei prezzi in tutta Europa, con il risultato che non sono stati effettuati quasi più investimenti in grandi centrali elettriche.

L’UDC deposita il referendum contro la legge sulla protezione del clima (Consigliere nazionale Marcel Dettling), gennaio 2023. Immagine: Keystone

«Con un uso efficiente, il consumo di elettricità potrebbe essere ridotto del 40%. Si tratta di una quantità di elettricità superiore a quella generata da tutte le centrali nucleari.»

→ Questo potenziale di risparmio è solo teorico, perché non è mai possibile far sì che tutti gli apparecchi elettrici siano tecnicamente aggiornati. Tuttavia, diversi gremi di esperti (come il Centro di competenza svizzero per la ricerca energetica nel campo dell’approvvigionamento elettrico) stimano che il consumo di elettricità in Svizzera aumenterà almeno del 30-50% entro il 2050, a causa dell’elettrificazione e della decarbonizzazione. In alcuni casi si parla addirittura di un raddoppio. E questo già tenendo conto dei possibili incrementi di efficienza.

«Esistono sufficienti opzioni di stoccaggio per immagazzinare l’energia in eccesso e colmare così il gap elettrico invernale. Questo può essere fatto con le batterie delle auto elettriche, con l’innalzamento delle dighe, con una gestione intelligente delle riserve idroelettriche e con la produzione di idrogeno o metanolo (Power-to-X).»

→ Nessuna delle possibilità citate è in grado di risolvere il problema dell’elettricità invernale. Le batterie (comprese quelle delle auto) non possono dare un contributo significativo in termini di quantità. I laghi artificiali sono già vuoti alla fine dell’inverno. L’innalzamento delle dighe ha senso, ma non sarà mai sufficiente: se così fosse, una dozzina di valli alpine dovrebbero essere nuovamente allagate, il che è illusorio sia dal punto di vista economico che da quello della tutela del paesaggio. Il Power-to-X (idrogeno, metanolo, ecc.) è ancora associato a enormi perdite (a causa della doppia conversione energetica) e a costi enormi. È possibile che i combustibili sintetici possano contribuire a risolvere il problema dello stoccaggio tra qualche decennio. Ma oggi non possiamo farci affidamento.

«La costruzione di centrali nucleari richiede troppo tempo e arriva troppo tardi per gli attuali problemi di elettricità.»

→ È vero che le nuove centrali nucleari arriveranno troppo tardi per risolvere i problemi di approvvigionamento dei prossimi anni (soprattutto a partire dal 2025, quando l’UE riserverà il 70% delle capacità di trasmissione interstatale per il proprio fabbisogno). Ma il vero grande gap di elettricità si profila tra 20-30 anni, quando le grandi centrali nucleari di Gösgen e Leibstadt dovranno uscire dalla rete. Se non vogliamo commettere gli stessi errori degli anni ’90 e ’00, la sostituzione di queste centrali deve essere affrontata ora. Tra l’altro, il tempo medio di costruzione dei 59 reattori nucleari messi in funzione nel mondo negli ultimi dieci anni è stato di appena sette anni. Se si eliminasse il divieto legale di utilizzo dell’energia nucleare e si creassero condizioni politiche favorevoli alla costruzione di nuove centrali atomiche, si potrebbero certamente trovare anche degli investitori.


[1] https://www.nebelspalter.ch/die-svp-unterstreicht-ihre-referendumsfaehigkeit

[2] https://www.nebelspalter.ch/wissenschaftler-duerfen-das-ja-empfehlen-%E2%80%93-einordnen-muessen-die-medien

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